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Sessant’anni fa il premio Nobel a Giulio Natta

Intervista a Rinaldo Psaro, Presidente FAST – Federazione delle associazioni scientifiche e tecniche

Il 10 dicembre 1963 l’ingegnere chimico Giulio Natta riceve dal Re di Svezia il premio Nobel per la chimica. Sfogliando il libro “Giulio Natta, l’uomo e lo scienziato”, di AAVV, nel repertorio fotografico, si trova la riproduzione del diario personale dello scienziato che giovedì 11 marzo 1954 appunta: “fatto il polipropilene”. È la scoperta di un nuovo materiale che ha rivoluzionato la nostra vita. Il nome di origine greca, polipropilene isotattico, viene suggerito a Natta dalla moglie Rosita laureata in lettere.

Con Rinaldo Psaro, Presidente del Fast – Federazioni Scientifiche e Tecniche, già Direttore dell’Istituto CNR di Scienze e Tecnologie Molecolari ora associato all’Istituto CNR SCITEC, analizziamo l’influenza che la scoperta di Natta ha avuto nella nostra società.

Presidente, a sessant’anni dall’assegnazione del Nobel a Natta come si può valutare l’impatto che quella scoperta ha avuto nella nostra vita e anche quanto ha contribuito alla formazione di una generazione di chimici tra i più apprezzati nel mondo?

Vorrei fare una premessa prima di risponderle. Natta consegue il diploma di maturità a sedici anni al liceo Cristoforo Colombo di Genova, poi sceglie di seguire, sorprendendo i genitori, i corsi del biennio di ingegneria all’Università sempre nel capoluogo ligure. Poi nel 1921 si trasferisce al Politecnico di Milano e diviene allievo di Giorgio Renato Levi, un importante chimico dell’epoca che aveva ottenuto, proveniente dalla Germania come debito di guerra, uno strumento per lo studio dei cristalli con i raggi X. Nel 1924 a ventun anni si laurea in ingegneria chimica, e in capo a un anno ottiene il suo primo incarico di ricerca. Nel 1927 diventa libero docente. In questa fase è impegnato nello studio della sintesi del metanolo, alla sintesi della formaldeide dal metanolo, alla sintesi delle aldeidi superiori e infine della gomma sintetica. Natta in tutta la sua carriera di scienziato ha sempre tenuto in primo piano il rapporto tra la chimica fondamentale, la chimica applicata e l’industria ad alto tasso d’innovazione. Ma lo scienziato prima di giungere alla formulazione del polipropilene si era già distinto per importanti ricerche. Nel 1938 l’allora presidente del Comitato per la Chimica del CNR, Nicola Parravano, finanzia Natta con duecentomila lire, il suo budget era di duecentottantamila lire, per studiare una sostanza anche oggi di grande interesse: l’idrogeno. Nel 1947 il futuro premio Nobel nel corso di un viaggio negli USA osserva che in quel sistema industriale la carbonchimica sta lasciando il passo alla petrolchimica. Compagno di Natta in quel viaggio era Giustiniani dirigente di Montecatini che al ritorno dagli USA mette immediatamente a disposizione di Natta le risorse per la creazione di un centro di ricerca avanzata in chimica. Si tratta del primo accordo tra un docente universitario e una industria, relazione che darà seguito ad un grande successo economico. Nel 1952 ad un congresso Natta ascolta l’intervento del chimico tedesco Ziegler, che otterrà con lui il Nobel, e che presenta la sua scoperta sui catalizzatori per ottenere polimeri lineari di etilene. Natta intuisce il valore prospettico di questa ricerca e convince Giustiniani di Montecatini ad acquistare i diritti della scoperta di Ziegler. Il nostro scienziato ha così accesso a tutti i lavori di Ziegler. I due continuano i loro studi Ziegler con un nuovo catalizzatore ottiene il polietilene linerare. Natta e il suo assistente Piero Pino si concentrano sul monomero propilene. Nel marzo del 1954 verrà sintetizzato il polipropilene. Nasce la plastica un materiale dalle caratteristiche assolutamente innovative che con il nome commerciale di Moplen cambierà la nostra vita. Un dato rilevante tra i tanti di questa vicenda: in soli tre anni, dal 1954 a 1957, il polipropilene entrò nella produzione industriale. Un risultato ancora oggi rimarchevole. Nel 1963 Natta e Ziegler vengono insigniti del premio Nobel con questa motivazione: “per le loro scoperte nel campo della chimica e della tecnologia dei polimeri”.

Vincere un Nobel è un riconoscimento di grande importanza ma quello ottenuto da Natta ha un significato particolare, egli è l’unico italiano a ricevere il premio per la chimica. Negli anni tra il 1950 e il 1960 l’Italia conosce il boom economico, la chimica è uno dei motori dello sviluppo. Natta, a suo modo di vedere, ebbe anche una visione industriale nell’orientare i suoi studi?

Sicuramente, Natta fu il primo grande scienziato che inaugurò la fondamentale relazione tra accademia ed industria. La notorietà ottenuta dal settore chimico con la sua scoperta e il successo economico che ne derivò lanciò il nostro Paese tra i grandi player di questo comparto. Come sottolineava un allievo di Natta, il professor Italo Pasquon, la sintesi del propilene isotattico fu l’ultima grande scoperta con consistenti ricadute commerciali nel campo della chimica industriale tradizionale. Ad oggi si producono all’anno sessanta milioni di tonnellate di polipropilene isotattico.

Il polipropilene isotattico diviene noto con il nome commerciale Moplen, noi boomer lo ricordiamo nel carosello di Gino Bramieri con il suo jingle. Prodotto dalla Polymer e dalla Montesud controllate dalla Montecatini e poi Montedison, il destino industriale del Moplen incontra, come lei scrive nel ricordo di un altro grande chimico Renato Ugo: “la corazzata Montedison, poi colata a picco come una bagnarola per aver incrociato un pernicioso iceberg di vacuità politica e finanziaria”. Nonostante ciò, forse per la prima volta nel nostro Paese, ricerca e industria si incontrano quando, come narra Stefano Righi nel libro “Reazione Chimica”, Ugo diviene responsabile della ricerca Montedison ed è un protagonista della storia recente della chimica italiana. Cosa cambia in quegli anni nel rapporto tra Accademia, ricerca e industria?

Renato Ugo, mio maestro, professore di chimica generale e inorganica alla Statale di Milano e poi a capo della ricerca Montedison lavora a fondo anche con il professor Luciano Caglioti per mantenere, nonostante il cambio di strategia di Montedison, una forte presenza della chimica nel nostro Paese e anche per questo stringe rapporti con importanti realtà industriale chimiche e farmaceutiche italiane. Una spinta notevole che aiuta questa visione giunge dall’approvazione del CIPE dei progetti finalizzati del CNR. Obiettivo dei progetti che vennero realizzati dal 1979 al 1990 era quello di riallacciare i rapporti tra ricerca universitaria e ricerca privata, tra industria e accademia. Il progetto di ricerca gestito da Renato Ugo prevedeva la partecipazione di 400 ricercatori pubblici e privati. Con questi progetti si assiste al ritorno alla brevettabilità, un impegno spesso ritenuto da diverse università non consono al loro scopo primario. Tornando alla scoperta di Natta e al successo del polipropilene Ugo, che gestiva in Montedison la continuità di questo ed altri grandi progetti industriali, deve assistere nel 1997 alla cessione da parte di Montedison delle sue quote di proprietà in Montell alla Shell, società paritetica formata a fine dicembre 1993 da Montedison e Shell per gestire e sviluppare tutte le attività del polipropilene. Con questa vendita l’Italia esce dal mercato del polipropilene ma è anche l’inizio del declino della chimica industriale del nostro Paese. Il Giornale titolò cosi l’articolo di Ugo su questa operazione: Requiem per l’Italia Innovativa.

Oggi cosa rimane dell’insegnamento di Natta e di Ugo, dopo che l’industria chimica ha quasi totalmente lasciato il nostro Paese, con la plastica che in tutte le sue versioni è additata come uno dei maggiori inquinanti e il vecchio Moplen che viene citato per le sue influenze negative sulla nostra salute. I giovani intraprendono ancora con entusiasmo gli studi in chimica?

Penso che vi sia ancora da parte dei nostri ragazzi interesse per la chimica anche se l’immagine del comparto è spesso offuscata da eventi che lo pongono all’attenzione negativa da parte dell’opinione pubblica: inquinamento con le materie plastiche, effetti negativi delle sostanze sulla salute dell’uomo per citare gli argomenti più scottanti. Molto è stato fatto per ridurre questi effetti che mettono in ombra anche quanto la chimica abbia contribuito al nostro progresso. Dal 1984 la Società Chimica Italiana organizza i giochi della chimica dedicati ai ragazzi delle scuole di secondo grado per stimolare nei giovani l’interesse per la chimica Nel 2023 hanno partecipato alle selezioni 30mila studenti appartenenti a 800 scuole. Seimila hanno partecipato alle finali regionali e un centinaio hanno raggiunto la finale nazionale. I migliori dieci partecipano poi alle olimpiadi della chimica. Le adesioni ai corsi di laurea in chimica e in chimica industriale non sono calate anche perché offrono dei percorsi formativi, quali quelle sull’economia circolare e sviluppo sostenibile, sulla chimica verde, sulla formulazione, sui biocombustibili, sull’idrogeno e sulle fonti alternative di energia, che offrono, oltre ad una formazione di alto livello, buone opportunità di lavoro. I nostri laureati in chimica continuano ad essere apprezzati per la loro preparazione non solo in Italia ma anche all’estero come in Francia dove la presenza di ricercatori chimici al CNRS, Centro Nazionale per la Ricerca Scientifica di Parigi è foltissima.

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