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Stefano il giapponese

Lutto alla Redazione de Il Sole 24 Ore

Nella nostra attività di comunicazione per conto di grandi imprese e ora per la nostra Fondazione conosciamo, lavoriamo con un gran numero di giornalisti. Con molti tra essi si instaurano rapporti personali che sfociano in amicizie durature. Legati da comuni passioni, dallo sport alla musica, alle letture ci si dimentica di lavorare spesso su fronti diversi seppur con la identica formazione professionale. La nostra vita scorre scambiandoci impressioni, sottolineando qualche bell’articolo, citando qualche scoop che magari come comunicatori d’impresa ci aveva impallinati ma che aveva reso grande visibilità all’estensore del pezzo.Ieri è mancato Stefano Carrer caduto in un dirupo nelle montagne sopra il lago di Como. Valente giornalista e fraterno amico è stato un apprezzato corrispondente dal Giappone, paese che amava profondamente e dal quale ha scritto per i lettori del Sole 24 Ore articoli ricchi di informazioni di prima mano, documentati con precisione che riscuotevano, per la loro chiarezza, il consenso di un gran numero di lettori. Stefano aveva 58 anni e lo conosco da quando frequentava la scuola per la formazione del giornalismo di Milano. Da trent’anni al Sole 24 Ore lavorando in diverse redazioni del giornale economico. Con lui,redattore al settore finanza, raggiungevamo regolarmente Londra per assistere alle conferenze stampa di bilancio delle multinazionali farmaceutiche. Le domande di Stefano precise e sempre ben documentate avevano il potere di svegliare un’annoiata platea e di innervosire manager abituati al controllo preventivo di domande e risposte. E qui io riconoscevo e apprezzavo il serio professionista. Recentemente, avevamo parlato delle conoscenze che aveva acquisito in Giappone attraverso incontri e interviste con esperti pubblici e privati che si occupano di ricerca. L’avevo invitato in IIT per visitare i nostri laboratori e incontrare i nostri scienziati. La pandemia aveva bloccato il nostro progetto. Aspettavo di fare quel viaggio da Milano a Genova per ritrovare in quel tempo la possibilità di raccontarci delle nostre vicende professionali e personali come facevamo nelle sale d’attesa degli aeroporti europei tra un aereo e un altro. Non ci siamo riusciti. Tutti noi perdiamo il piacere di leggere i suoi articoli dalle colonne degli esteri del Sole 24 Ore. Io, con tanti altri, perdo un amico.

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