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Studio e realizzazione di sinapsi ibride

Intervista a Francesca Santoro, coordinatrice della linea di ricerca “Tissue Electronics” di IIT

Le sinapsi sono punti di contatto tra cellule nervose (neuroni), in cui, a seguito dell’emissione di un impulso da parte del primo neurone, si generano delle sostanze (neurotrasmettitori) che a loro volta generano un segnale nell’altro neurone. È così che si propagano gli impulsi nervosi, che ci permettono di sfruttare i nostri muscoli, i nostri sensi e la nostra ragione. Esistono, tuttavia, diverse malattie neurodegenerative che consistono in un malfunzionamento delle sinapsi. Ed è proprio grazie allo studio di sinapsi ibride, che rappresentano potenziali soluzioni a questi problemi, che la giovane ricercatrice Francesca Santoro – responsabile del Tissue Electronics Lab dell’IIT – ha vinto il finanziamento dall’ERC per portare avanti il progetto suo e del suo gruppo.

Il progetto ERC partirà dopo l’estate – dichiara Francesca Santoro – L’idea di base è nata in collaborazione con l’Università di Stanford e con l’Università Tecnica di Eindhoven. Abbiamo accoppiato, per la prima volta, delle cellule neuronali biologiche con dei neuroni artificiali. Questi ultimi non sono altro che dei microchip, che riproducono elettricamente le funzionalità delle cellule vere”.

A differenza di una sinapsi artificiale realizzata con materiali come il silicio, questo tipo di sinapsi ibrida viene realizzata con dei materiali polimerici, flessibili, conduttori e biocompatibili.

È stato pubblicato su Nature Materials lo studio che ci ha portato alla realizzazione di una sinapsi singola – spiega Francesca Santoro – mentre nel progetto finanziato dall’ERC l’idea è quella di creare una rete di sinapsi, spostandoci dalla connessione singola alla connessione multipla, e cercando di capire come collocare le connessioni in serie e in parallelo tra di loro. Allo stesso tempo cerchiamo di realizzare del materiale che si comporti come una sinapsi non soltanto elettricamente, ma anche a livello morfologico. Servono cioè materiali dinamici, capaci di cambiare forma e morfologia, esattamente come accade in natura”.

Quando c’è questo scambio d’informazione tra neuroni a livello delle sinapsi, il processo non è solo elettrico: all’informazione che passa attraverso il segnale elettrico è connesso il meccanismo di modifica della forma della sinapsi.

Immaginiamo che le due estremità della sinapsi abbiano una forma che assomiglia a quella di un fungo – spiega Francesca Santoro – La testa di questo fungo cambia forma a seconda di come i neuroni comunicano”.

Si tratta, quindi, di due comportamenti neuronali fondamentali (quello elettrico e quello meccanico) esistenti in natura, che il team di Francesca Santoro cercherà di riprodurre e combinare proprio grazie a questi materiali polimerici. Tutto questo consente una miglior comprensione del funzionamento o del malfunzionamento di una sinapsi, e un conseguente sviluppo di dispositivi impiantabili che potrebbero rappresentare una soluzione a molti problemi neurodegenerativi.

Molte malattie neurodegenerative – commenta Francesca Santoro – derivano dalla scelta delle connessioni sinaptiche, cioè dal malfunzionamento di queste connessioni. Quindi, una piattaforma del genere può fungere da ponte tra parti del cervello che non sono connesse in maniera funzionale. Non si tratterebbe solo di un palliativo, ma potrebbe rappresentare una soluzione vera e propria al problema, una cura in grado di ripristinare a lungo termine quelle connessioni che sono state perdute. Comunque, per il momento si parla ancora di esperimenti in vitro, in cui si utilizzano sistemi cellulari affinché venga convalidata la parte sperimentale. Uno studio ancora lontano dalla sperimentazione in vivo, ma pensato per ottenere in futuro dei dispositivi impiantabili”.

Quando si pensa a un dispositivo impiantabile, una delle domande che ci poniamo è come possa questo mantenersi in funzione. Come spiega Francesca Santoro, “La sinapsi ibrida si può mantenere attiva da sola, perché la sua funzionalità dipende dai neurotrasmettitori, ovvero dalle sostanze (come la dopamina) generate durante la connessione, che vengono rilasciate dalla parte biologica. Per essere attivata la prima volta, la sinapsi deve però essere connessa ad una alimentazione esterna: per accenderla, si applica cioè una tensione”.

In un certo senso, lo stesso cervello contribuisce ad alimentare il dispositivo impiantato, consentendo ai neuroni di “capirsi” ed evitando che l’informazione giunga completamente distorta come in un telefono senza fili.

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