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Avere tatto nella realtà virtuale, tecnologia premiata a Philadelphia

E’ indossabile sulle dita da chi naviga in una realtà virtuale e permette di sentire con il tatto gli oggetti non reali. Il nuovo dispositivo è stato premiato come migliore lavoro (Best Paper) durante la conferenza internazionale Haptics Symposium 2016 a Philadelphia.

E’ indossabile sulle dita da chi naviga in una realtà virtuale e permette di sentire con il tatto gli oggetti non reali, rendendosi conto anche se stanno scivolando dalle mani. Il nuovo dispositivo, ancora in forma prototipale, è stato realizzato dai ricercatori dell’IIT e del Centro di Ricerca “E. Piaggio” dell’Università di Pisa, e premiato come migliore lavoro (Best Paper) durante la conferenza internazionale Haptics Symposium 2016 a Philadelphia.

Il prototipo è costituito da un telaio rivestito internamente da un tessuto bielastico, mosso da due motori e da un meccanismo di sollevamento. Il movimento di tensione dei motori sul tessuto permette di replicare la “rigidità” dell’oggetto virtuale: un tessuto poco tirato, morbido, si traduce al tatto nella presenza di un oggetto “soffice”, al contrario un tessuto ben teso suggerisce “durezza”.  Il dispositivo si indossa mettendo la falangetta di un dito all’interno del telaio e il movimento del dito è letto da un sensore infrarossi che ed usato per controllare i due motori. La sensione di scivolamento dalle dita è garantita dal movimento sincrono dei due motori.

La novità del dispositivo progettato da Matteo Bianchi ricercatore di IIT e Centro “E. Piaggio”  e colleghi sta nell’essere riusciti a integrare in un’unica struttura sia l’interpretazione di un movimento della mano in un ambiente virtuale, sia la comunicazione di sensazioni tattili a mano ferma, tramite il meccanismo di sollevamento. L’obiettivo attuale, infatti, nel campo dei dispositivi aptici è migliorare il loro disegno affinché possano essere commercializzati e utilizzati in diversi contesti.

Oltre alla realtà virtuale, per esempio, le applicazioni potranno essere nell’interazione uomo-macchina e nella riabilitazione e nello studio del sistema sensorimotorio umano. In quest’ultimo caso, infatti, il dispositivo può essere impiegato per creare conflitti tra il senso del tatto, “ingannato” a sentire una certa sensazione di durezza, con il senso della vista che vede l’oggetto in esame – un conflitto che potrà indagare ulteriormente le modalità di integrazione sensoriale nell’uomo, anche in caso di disabilità e a fini riabilitativi. I ricercatori vi lavoreranno nell’ambito del progetto Europeo SoftPro.

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