Riflessioni a cura della dirigente scolastica del liceo D’Oria
Lo sviluppo esponenziale della tecnologia negli ultimi vent’anni ne richiede, necessariamente, proprio per le enormi, incontrollabili potenzialità che implica, proprio per gli orizzonti sempre più ampi che suscita, un uso particolarmente consapevole e responsabile. Il dilatarsi degli scenari implica la coscienza del limite, la molteplicità delle potenzialità implica la consapevolezza e la padronanza degli effetti. Basti pensare a come le nuove tecnologie hanno trasformato la comunicazione interpersonale, se non addirittura il modo di pensare e di essere dell’uomo. E dato che la natura umana è comunicazione e relazione, particolarmente cogente è la necessità che i modi, i mezzi e le implicazioni della comunicazione abbiano il vaglio della consapevolezza e del senso critico.
Assurdo e fuori luogo anche solo ipotizzare di contrastare il processo di sviluppo esponenziale della tecnologia… Come scrive Umberto Galimberti, “…sarebbe come se uno, ai tempi di Gutenberg, se la fosse presa con la stampa”. Eppure sotto gli occhi di tutti, non a livello teorico di formulazione ideologica, ma nella vita quotidiana, negli episodi che possono verificarsi tutti i giorni, si concretizza un grave rischio latente in questo processo espansivo, quello di una tecnologia senza anima, ovvero di una tecnologia che prescinde dall’ etica e che da mezzo straordinariamente potente e versatile diventa “fine”. Con la conseguenza di un uso incontrollato del mezzo e della pericolosità di comportamenti che non tengono conto delle ripercussioni delle nostre azioni sugli altri e sulla loro sensibilità, sulla vita privata di ciascuno, sul sentire di ciascuno e sulle dinamiche relazionali. Di qui la necessità di una cultura della consapevolezza, fondata sulla centralità dell’uomo e sui valori etici dell’autocoscienza e della responsabilità. “
“L’uomo è la misura di tutte le cose “, come affermava il filosofo Protagora. Se gli adulti di oggi, gli “immigrati digitali” , utilizzano le nuove tecnologie e i sociali network in particolare, talora con una certa esitazione, talora senza una piena padronanza, ma, in media, sicuramente con la consapevolezza dei rischi che un uso indiscriminato può comportare, i giovani “nativi digitali” a quei rischi sono molto più’ esposti. Come dimostra anche il dilagare di episodi di cyberbullismo, di cui sono spesso artefici giovani e giovanissimi che ignorano la portata emotiva e le possibili conseguenze delle loro parole e delle loro azioni, fondamentale risulta che in particolare la scuola educhi alla consapevolezza ed alla responsabilità. I due fattori sono sostanzialmente concomitanti : la responsabilità non è altro se non la “ risposta “ data a se stessi ed agli altri una volta acquisita la consapevolezza e si traduce in azioni e comportamenti che la formazione della scuola deve farsi carico di promuovere. Ne consegue il valore sociale di una cultura, quella umanistica, incentrata sulla conoscenza dell’uomo come individuo e come cittadino, come singolo e come membro di un contesto sociale e civile. Alla radice della cultura umanistica ci sono i valori etici in cui si sostanzia il concetto di “humanitas“ e quindi, in primo luogo, quella “integritas“ che implica sempre e comunque la responsabilità nei confronti dell’altro : “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”, faceva dire il commediografo latino Terenzio ad uno dei suoi personaggi.
Molteplici, tuttavia, sono le posizioni di intellettuali che considerano che nell’età della tecnica l’umanesimo sia finito e che sia ormai solo la razionalità tecnica con i criteri organizzativi che le sono propri a regolare i rapporti fra le persone, soprattutto nel contesto lavorativo, dove dominano il risultato in termini di efficienza e la logica del prodotto. Eppure forse è addirittura anacronistico parlare in termini di contrapposizione o di reciproca esclusione fra razionalità tecnica ed “humanitas” ed esiste un altro modo di vedere le cose : la cultura umanistica rappresenta piuttosto oggi più che mai una strategia attiva per comprendere il presente e nella società odierna può esercitare un ruolo fondamentale proprio in virtù della sua specificità, la formazione della persona e l’educazione al pensiero critico, presupposto della consapevolezza di sé e della padronanza dei fenomeni. Non c’è contrapposizione, ma presupposto di integrazione fra tecnologia e tecno- scienza da un lato e cultura umanistica dall’altro : la tecnologia fa raccogliere informazioni e la cultura umanistica le fa collocare in un quadro più ampio, fornisce l’orizzonte interpretativo che dà un senso ai dati. Lo spirito critico e la capacità di analisi consentono il controllo degli effetti inattesi potenzialmente pericolosi, sviluppano la capacità di non confondere il reale con il virtuale e alimentano quel pensiero divergente che è fondamento della ricerca. Nello specifico la traduzione dei testi greci e latini implica e sviluppa al tempo stesso, proprio per i meccanismi di ragionamento che richiede, il senso critico, la capacità di approfondimento e quell’attitudine a trovare soluzioni alternative ai problemi che del pensiero divergente è una componente essenziale; la cultura greca e latina in particolare formano a quel senso “classico“ della misura, dell’equilibrio e del bello che è presupposto dell’agire consapevole. Ecco allora che il Liceo Classico, che in modo più completo di altri indirizzi di studio veicola la cultura umanistica , utilizzando per altro quotidianamente le nuove tecnologie nella didattica e sperimentando nuovi ambienti di apprendimento, può giocare oggi un ruolo particolarmente importante nella società riaffermandosi come formazione di valore per un presente e un futuro… sostenibili.