Una nuova molecola a RNA per migliorare le terapie contro il tumore al pancreas

Il team dell’IIT a Genova ha utilizzato l’intelligenza artificiale per individuare un aptamero che potenzia le terapie antitumorali esistenti

Un gruppo di ricerca dell’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) ha individuato un potenziale farmaco che potrebbe migliorare le terapie disponibili contro il cancro al pancreas. Il team ha progettato la nuova molecola, denominata Apt1, con strumenti di intelligenza artificiale e l’ha testata in esperimenti in vitro, dimostrando la sua efficacia nel rendere le cellule tumorali più vulnerabili ai chemioterapici. La sua azione, combinata con farmaci già in uso, renderebbe le terapie antitumorali più incisive anche a dosaggi inferiori rispetto a quelli somministrati abitualmente. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Nature Communications.

Il lavoro è stato guidato da Gian Gaetano Tartaglia, a capo del laboratorio RNA Systems Biology, e da Andrea Cavalli, responsabile del laboratorio di Computational and Chemical Biology, insieme all’Unità di Biofisica Strutturale diretta da Stefania Girotto.

In Italia il tumore al pancreas colpisce ogni anno circa 14 mila persone ed è tra i più aggressivi e difficili da curare, con tassi di sopravvivenza intorno al 10% a cinque anni dalla diagnosi. Le strategie terapeutiche sono limitate a pochi chemioterapici e a interventi chirurgici tempestivi.  La ricerca scientifica è molto attiva nell’individuare nuove soluzioni, studiando la risposta ai farmaci nei diversi sottotipi di tumore pancreatico.

Il team di ricerca dell’IIT si è focalizzato su uno specifico farmaco, l’olaparib, affinché la sua efficacia potesse estendersi a diversi sottotipi. L’olaparib è un principio attivo antitumorale impiegato nei casi di tumore al seno o alle ovaie in pazienti con mutazione BRCA, ed è indicato per il trattamento dell’adenocarcinoma pancreatico. La sua azione specifica è portare le cellule malate all’autodistruzione, tramite una strategia nota come letalità sintetica: un meccanismo che sfrutta la differenza genetica tra cellule sane e quelle malate, colpendo solo quest’ultime. Olaparib, infatti, rallenta la riparazione del DNA nella cellula tumorale, costringendola ad accumulare molti errori nel codice genetico e inducendola alla distruzione.

Lo studio dell’IIT ha puntato l’attenzione su due proteine coinvolte nella riparazione del DNA: RAD51, che interviene nella correzione di alcuni errori genetici, e BRCA2 che ha il compito di guidare RAD51 nel punto del DNA danneggiato all’interno del nucleo cellulare. Il gruppo di ricerca ha ideato una soluzione che ostacola l’interazione tra le due proteine, inficiando così la capacità della cellula tumorale di replicarsi.

La soluzione individuata è un aptamero, un piccolo frammento di acido nucleico (RNA o DNA) progettato per interagire in modo altamente specifico con una proteina bersaglio. La progettazione è avvenuta tramite un algoritmo dal nome catRAPID, messo a punto dal gruppo di Tartaglia in un precedente lavoro, e in grado di identificare in modo veloce la sequenza degli aptameri a seconda delle proteine con cui devono interagire.

A lavoro computazionale ultimato, i ricercatori hanno ottenuto una lista di aptameri su cui hanno svolto i primi esperimenti in laboratorio per individuare il più promettente. Da questa selezione è uscita vincitrice una molecola, denominata Apt1, che ha dimostrato di legarsi con forza a RAD51 rendendola irraggiungibile per BRCA2.

Nelle fasi successive, il gruppo di ricerca ha messo alla prova Apt1 in cellule di tumore pancreatico. Gli esperimenti, ideati e supervisionati da Giulia Milordini, ricercatrice dell’IIT e prima autrice dell’articolo, hanno dimostrato che Apt1 rallenta la riparazione del DNA, rende le cellule malate più vulnerabili ai chemioterapici e ha effetti ridotti su quelle sane. Infine, i test su modelli preclinici hanno verificato la forza dell’azione combinata di olaparib e Apt1, dimostrando la loro maggiore capacità di aggredire un tessuto canceroso rispetto a quando sono usate singolarmente.

I risultati sono promettenti per andare verso una sperimentazione clinica, con l’obiettivo di introdurre una nuova strategia terapeutica dove oggi ci sono poche opzioni di cura.

Lo studio nasce nell’ambito della RNA Initiative dell’IIT ed è stato sostenuto da finanziamenti europei: il progetto ERC Synergy ASTRA finanziato dall’European Research Council, e il progetto IVBM4PAP, coordinato dall’IIT nell’ambito dei progetti EIC Pathfinder. La ricerca ha inoltre beneficiato del supporto del PNRR tramite il Centre for Gene Therapy and Drugs based on RNA Technology.

Link alla pubblicazione: https://www.nature.com/articles/s41467-025-66694-9

Condividi