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A proposito di Copyright. Le nuove norme che regolano il diritto d’autore

La Direttiva si basa ed integra le norme ed i principi stabiliti dalle precedenti direttive in vigore nel settore del diritto d’autore

Questo articolo sancisce la collaborazione giornalistica con i professionisti della Direzione Affari legali di IIT. Ospiteremo articoli di analisi e approfondimento di temi che sorgono dall’attività svolta sul campo dai componenti della Direzione con un taglio divulgativo.  Obiettivo di questi interventi è quello di offrire ai nostri lettori degli strumenti per la lettura di norme spesso complesse ma ineludibili per i processi operativi della nostra Fondazione. Augurandoci che anche altri colleghi possano collaborare con il nostro magazine vi auguro buona lettura

Claudio Rossetti

La Direttiva sul diritto d’autore nel mercato unico digitale (Direttiva n. 2019/790) è una direttiva dell’Unione Europea che ha come obiettivo quello di armonizzare il quadro normativo comunitario del diritto d’autore nell’ambito delle tecnologie digitali e, in particolare, di Internet. Il documento è stato approvato, dopo accesi dibattiti, dal Parlamento Europeo e dal Consiglio dell’Unione Europea il 17 aprile 2019. Come tale, la Direttiva ha efficacia vincolante solamente rispetto agli scopi da perseguire e necessita del recepimento da parte degli Stati Membri attraverso l’adozione, nel caso di specie entro due anni dalla sua entrata in vigore, di misure di portata nazionale che consentano di conformarsi ai principi ed agli scopi da essa previsti. La Direttiva si basa ed integra le norme ed i principi stabiliti dalle precedenti direttive in vigore nel settore del diritto d’autore (96/9/CE, 2001/29/CE, 2006/115/CE, 2009/24/CE, 2012/28/CE e 2014/26/CE) ed affronta il problema dell’adattamento della disciplina del diritto d’autore alla moderna società digitale; i rapidi sviluppi tecnologici ed il contesto transfrontaliero derivante dal mercato unico digitale hanno, infatti, trasformato il modo in cui opere, contenuti ed altro materiale sono creati, prodotti, distribuiti e generalmente sfruttati, rendendo, dunque, necessaria l’adozione di norme con l’obiettivo di eliminare l’incertezza giuridica esistente o atte a bilanciare i vantaggi ed i pesi derivanti dalla produzione e dallo sfruttamento commerciale (si pensi ad esempio alle piattaforme di condivisione dei contenuti) di opere protette dal diritto d’autore nel contesto digitale.
Prima di entrare nel dettaglio della Direttiva, si rende necessaria una piccola precisazione volta a chiarirne l’oggetto di disciplina. Nel linguaggio comune ci si riferisce spesso a questo atto parlando di “Direttiva copyright”, impiegando un termine anglosassone di uso ormai comune, che per noi, paesi di civil law, può essere traslato come il diritto d’autore connesso alle opere dell’ingegno a carattere creativo (letteratura, musica, arti figurative, architettura, teatro, cinematografia, programmi per elaboratore – cioè, i software – banche dati). In estrema sintesi, il diritto d’autore riconosce all’autore, cioè a colui che “crea” l’opera (latamente intesa), diritti patrimoniali e di utilizzazione economica, diritti di riproduzione e distribuzione, diritti di rappresentazione e comunicazione al pubblico, diritti di elaborazione e traduzione e diritti morali, questi eterni ed inalienabili, sia nel caso di diffusione tramite i mezzi tradizionali, che attraverso le più moderne tecnologie.

ECCEZIONI – RICERCA, DIDATTICA E TUTELA DEL PATRIMONIO CULTURALE
La legislazione europea riguardante il diritto d’autore riconosce che in determinate circostanze l’interesse generale ad utilizzare le opere protette dal diritto d’autore prevale sull’interesse personale dell’autore dell’opera, e dispone eccezioni e limitazioni al diritto d’autore, ossia prevedendo circostanze in cui è giustificato che un’opera venga riprodotta anche senza l’autorizzazione dell’avente diritto; si tratta, ad esempio, dei casi di riproduzione temporanea o di situazioni in cui un’opera viene usata per scopi didattici o di ricerca scientifica, a favore dei portatori di handicap, ai fini di critica o rassegna, ma anche a scopo di caricatura o parodia, o per ragioni di pubblica sicurezza. La precedente disciplina, tuttavia, imponeva come obbligatoria solo l’eccezione per gli atti di riproduzione temporanea, mentre le altre rimanevano facoltative, il che ha portato ciascuno Stato Membro ad adottare regole diverse.
Queste regole, tuttavia, necessitavano di essere aggiornate all’era digitale: da un lato, infatti, esistono nuove tecnologie computazionali che permettono di estrarre informazioni e dati in formato digitale ed elaborarli per ottenere nuove conoscenze e rilevare nuove tendenze (text and data mining), in maniera del tutto automatizzata; dall’altro, sono sempre più diffuse offerte formative transfrontaliere e corsi online. Fino all’adozione della Direttiva ci si chiedeva quindi: può un ricercatore beneficiare di un’eccezione e usare liberamente le nuove tecnologie su opere coperte dal diritto d’autore per perseguire il più alto interesse della scoperta e dell’innovazione? Possono le scuole mettere a disposizione opere protette dal copyright per scopi formativi?
Su questi temi la Direttiva fa maggior chiarezza ed introduce esplicitamente nuove eccezioni che consentono la riproduzione di opere e l’estrazione di dati, che dovranno obbligatoriamente essere implementate nelle legislazioni nazionali. Secondo la Direttiva dovrà essere quindi possibile: per gli istituti scolastici, riprodurre e rendere disponibile materiale a fini didattici nei contesti digitali e transnazionali; per gli enti di ricerca, fare data mining per scopi di ricerca e conservare i dati al fine di permetterne la verifica. Con riferimento a questi ultimi, il legislatore definisce gli organismi di ricerca beneficiari della citata eccezione come enti che, a prescindere dalla forma giuridica, agiscono senza scopo di lucro o per finalità di interesse pubblico riconosciuta dallo Stato (che – ad esempio – li finanzia) e che non necessariamente offrono servizi di insegnamento. In tema di estrazione di dati, si dispone inoltre un’eccezione generale per le riproduzioni e le estrazioni effettuate da opere o materiali cui si abbia legalmente accesso ai fini dell’estrazione di testo o di dati. È anche prevista per gli istituti di tutela del patrimonio culturale (biblioteche, musei, archivi) la possibilità di riprodurre le opere presenti nelle loro raccolte per realizzare copie ai fini di conservazione, nonché di rendere disponibili online le opere fuori commercio presenti nelle loro collezioni. La Direttiva dispone, altresì, che accordi o licenze in contrasto con queste eccezioni siano inapplicabili.
Con riferimento agli organismi di ricerca, i considerando della Direttiva accennano alla possibilità di applicare l’eccezione sull’estrazione di dati anche nei casi in cui l’ente di ricerca sia coinvolto in partenariati pubblico-privato, dettaglio che potrebbe avere impatti positivi sulle attività di trasferimento tecnologico, oltre che nel contesto dei consorzi europei.

CONDIVISIONE DI CONTENUTI ONLINE
L’intervento della Direttiva con riferimento alla condivisione di contenuti online muove dalla considerazione che esista un value gap eccessivo tra i proventi ottenuti dai prestatori di servizi di condivisione di contenuti protetti dal diritto di autore e quelli percepiti dagli autori ed editori (nel caso particolare di opere giornalistiche) di questi stessi contenuti, che spesso non vengono del tutto remunerati per l’uso delle proprie opere online. In ultima analisi, sempre secondo il legislatore europeo, questo sbilanciamento può potenzialmente limitare lo sviluppo di una stampa libera e pluralista, poiché impedisce agli editori di monetizzare adeguatamente l’investimento effettuato nella produzione di pubblicazioni giornalistiche.
Allo stesso tempo, la Direttiva prende atto del fatto che l’interpretazione normativa fino ad oggi ha sempre favorito i prestatori di servizi di condivisione di contenuti online (v. ad esempio i social network), sollevandoli molto spesso dalla responsabilità giuridica sui contenuti condivisi dai propri utenti, anche quando l’atto di condivisione era in violazione delle norme sul diritto d’autore.
Per quanto riguarda la protezione della pubblicazione a carattere giornalistico in caso di utilizzo online, la Direttiva prevede che gli editori abbiano il diritto di vietare la riproduzione non autorizzata delle proprie pubblicazioni a carattere giornalistico da parte di aggregatori di contenuti. Il diritto è però temperato in modo da consentire anche a questi ultimi il mantenimento del proprio modello di business: infatti, rimane consentita la condivisione del collegamento ipertestuale alla notizia ed anche di estratti molto brevi (detti in gergo “snippets”) della notizia stessa.
Rispetto all’aumento delle responsabilità in capo ai prestatori di servizi di condivisione, la Direttiva ha previsto per questi l’obbligo di ottenere un’autorizzazione all’uso dei contenuti sulle proprie piattaforme da parte dei titolari degli stessi; in assenza di autorizzazione, i prestatori di servizi sono considerati giuridicamente responsabili per gli atti compiuti sulle proprie piattaforme. Questa responsabilità può però essere evitata se il prestatore di servizi dimostra di essersi attivato per rimuovere celermente il contenuto non autorizzato o, comunque, di aver compiuto tutti gli sforzi ragionevoli per ottenere un’autorizzazione all’uso dei contenuti sulla propria piattaforma.

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