Cerca
Close this search box.

Ecco come il nostro cervello capisce le negazioni

Un gruppo di neuroscienziati, appartenenti all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e al Centre National de la Recherche Scientifique (CNRS) francese, ha sfruttato le connessioni esistenti sulla corteccia cerebrale tra la zona motoria e quella del linguaggio, per capire come il nostro cervello elabora il significato delle negazioni.

Lorella Battelli, del Center for Neuroscience and Cognitive System (CNCS) di IIT a Rovereto, vicino Trento, Liuba Papeo e Jean-Rémy Hochmann, del Institut des Sciences Cognitives “Marc Jeannerod” del CNRS a Lione, hanno studiato come il nostro cervello elabora le negazioni. I loro risultati mettono in discussione la teoria più consolidata, secondo cui abbiamo prima bisogno di rappresentare il significato di una parola, per poi negarlo. Per raggiungere queste conclusioni i tre scienziati hanno sfruttato le connessioni esistenti tra le zone del cervello responsabili dei movimenti e quelle deputate alla comprensione e produzione del linguaggio. Fondamentale è stata l’esperienza di Liuba Papeo, Assistant Professor al CNRS. Fin dal periodo di dottorato condotto alla SISSA di Trieste, Liuba si è occupata dei collegamenti tra queste due aree del cervello. In particolare ha studiato i deficit cognitivi in pazienti affetti da patologie che colpiscono la corteccia motoria, come la Sclerosi Laterale Amiotrofica (SLA).

Negazioni
Immaginate di leggere la frase “Non ci sono aquile nel cielo”. Successivamente vi vengono mostrate due immagini: un’aquila nel nido e un’aquila nel cielo. Se vi chiedessero quale immagine associate alla frase appena letta, indichereste immediatamente quella dell’aquila nel cielo e solo dopo vi correggereste. Partendo da questa evidenza, neuroscienziati, esperti di linguaggio e psicologi sperimentali hanno ipotizzato che per elaborare il significato di una negazione, sia prima necessario comprendere l’affermazione. Tuttavia nell’esempio dell’aquila c’è un condizionamento di natura pratica: il cervello sceglie la strada cognitivamente più economica. La frase “Non ci sono aquile nel cielo” lascia aperte numerose possibilità. Le aquile potrebbero infatti essere nel loro nido, su un albero o in volo a pelo d’acqua. Il nostro cervello preferisce dunque memorizzare l’unico caso impossibile, un’aquila in cielo, piuttosto che gli innumerevoli casi possibili. Ma cosa succede se non sussistono condizionamenti di natura pratica? È ancora vero che la comprensione delle negazioni avviene in due fasi successive? Per rispondere a questa domanda i tre ricercatori hanno mostrato ai soggetti coinvolti nello studio frasi relative ad azioni che implicano il movimento della mano, in versione positiva e negativa, ad esempio “ora scrivo” e “non scrivo”. L’elaborazione del significato di queste parole attiva contemporaneamente le aree de cervello dedicate alla comprensione del linguaggio e quelle responsabili per i movimenti evocati da queste azioni (nel caso della scrittura il movimento dell’avambraccio e della mano). Questa co-attivazione permette così di misurare l’attività motoria e usarla come indice dell’attività neurale associata alla comprensione di queste frasi.

La corteccia cerebrale: una rete distribuita
Negli ultimi vent’anni i modelli di funzionamento della corteccia cerebrale hanno subito una rivoluzione. Inizialmente gli scienziati immaginavano la corteccia come un insieme di moduli funzionanti in maniera indipendente, ciascuno dedicato ad attività specifiche. Una serie di studi neuro-anatomici e di imaging hanno però mostrato che esistono delle connessioni tra questi moduli. Si è scoperto ad esempio che l’area di Broca, associata alla produzione del linguaggio, e quella di Wernicke, responsabile per la comprensione, sono connesse tra loro. Non solo. Esistono connessioni anche tra la corteccia premotoria e quella del linguaggio che sono adiacenti fra loro nel lobo frontale. La corteccia premotoria è ritenuta responsabile della “pianificazione” e “preparazione” delle azioni, la cui esecuzione viene poi “disposta” dalla corteccia motoria primaria. La connessione tra corteccia premotoria e zone del linguaggio potrebbe avere una spiegazione piuttosto semplice dal punto di vista dello sviluppo cognitivo. Quando un bambino compie un’azione, il genitore o colui che si prende cura di lui, pronuncia il verbo relativo a quell’azione così che il bambino possa imparare una nuova parola. Le zone motorie della corteccia e quelle per la comprensione del linguaggio si attivano quindi simultaneamente, creando così delle connessioni a breve e lunga distanza.  

L’esperimento di Rovereto
Vediamo ora in dettaglio l’esperimento realizzato da Lorella Battelli, Liuba Papeo Jean-Rémy Hochmann. Lo studio ha coinvolto circa 30 persone, tutte italiane e destrorse, ed è stato condotto nei laboratori del CNCS a Rovereto. A ciascun soggetto sono state mostrate sullo schermo di un computer una serie di verbi di azione e di stato precedute da un avverbio di contesto, “ora” o “non”. Per monitorare l’attività cerebrale durante l’esperimento, la parte della corteccia motoria associata al movimento dell’avambraccio e della mano destra è stata sollecitata tramite stimolazione magnetica transcranica. Contemporaneamente il movimento dell’avambraccio e della mano destra veniva monitorato attraverso tre elettrodi: uno sullo spazio tra indice e pollice, uno sull’articolazione alla base del dito indice e uno sulla superficie interna del polso. Sono stati inviati alla corteccia motoria una serie di impulsi ad intervalli regolari di 150 millisecondi, mentre il soggetto leggeva le frasi che apparivano in sequenza sullo schermo.

Come abbiamo accennato prima, durante la comprensione di verbi di azione viene reclutata la parte associata al movimento descritto dal verbo, nella corteccia premotoria. Questa attivazione fa sì che la stimolazione magnetica inviata alla corteccia motoria primaria causi impulsi elettrici nei muscoli della mano e dell’avambraccio più intensi rispetto a quando la corteccia premotoria è a riposo. In altre parole è come se fossimo “pronti” a muovere la mano destra perché abbiamo letto la frase “ora scrivo”. Questo non succede quando leggiamo verbi di stato come “ora penso”.

Risultati
I ricercatori hanno osservato che gli impulsi elettrici che raggiungono la mano quando i soggetti leggono azioni positive sono più intensi rispetto a quelli evocati da azioni negative, che risultano addirittura più deboli di quelli misurati in corrispondenza dei verbi di stato. Questa differenza di intensità esiste già durante i primi istanti in cui la frase appare sullo schermo. L’elaborazione delle negazioni avviene dunque in maniera diversa rispetto a quella delle affermazioni sin dalle primissime fasi, senza bisogno di passare dall’elaborazione del significato positivo. Inoltre i ricercatori, con una procedura mai usata prima durante un compito linguistico, sono stati in grado di mostrare che durante la comprensione delle negazioni l’attività dei neuroni GABAergici, che inviano neurotrasmettitori inibitori, è più intensa rispetto a quando processiamo un’affermazione.

Conclusioni e prospettive
L’esperimento condotto a Rovereto ha chiarito il funzionamento di un meccanismo logico fondamentale, la negazione, mostrando come il cervello sia più efficiente di quello che si pensi. Inoltre ha aggiunto un tassello importante alla conoscenza delle basi neurali del linguaggio e del ragionamento, due funzioni cognitive altamente suscettibili al danno cerebrale e alla degenerazione neurale. Sfruttando la finestra che la corteccia motoria apre sul complesso sistema neurale responsabile per la comprensione del linguaggio, i tre ricercatori hanno osservato da vicino uno tra i più misteriosi processi cognitivi, l’elaborazione delle negazioni, che probabilmente contribuisce a definire la differenza tra cognizione umana e cognizione non-umana. Il prossimo passo sarà quello di considerare oltre alla corteccia motoria l’intero cervello.

 

Per Approfondire 

Journal of Cognitive Neuroscience vol. 0, No. 0 , pp. 1-7 (2016), The Default Computation of Negated Meanings. Autori: L. Papeo, J. Hochmann, L. Battelli.

Cortex vol. 64, pp. 136–147 (2014) ,The processing of actions and action-words in Amyotrophic Lateral Sclerosis. Autori: L. Papeo, C. Cecchetto, G. Mazzon, G. Granello, T. Cattaruzza, L. Verriello, R. Eleopra, R. I. Rumiati.
 
Nature Reviews Neuroscience vol. 6, pp. 576-582 (2005), Brain mechanisms linking language and action. Autori: F. Pulvermüller.

Condividi

Sito in manutenzione

Website under maintenance