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Epatite B: una nuova speranza di cura

Pubblicato su Nature Medicine lo studio sul rafforzamento del sistema immunitario che apre le porte a nuovi approcci terapeutici per l’Epatite B 

Nell’ultimo numero di Nature Medicine sono stati pubblicati i risultati di un vasto studio interdisciplinare volto a comprendere, a livello genomico, le basi molecolari del deficit di risposta immunitaria presente nei pazienti affetti da infezione cronica del fegato causata dal virus dell’epatite B (HBV). Il lavoro nasce da una collaborazione tra il team di ricercatori della U.O. di Malattie Infettive ed Epatologia diretta dal Prof. Carlo Ferrari e il gruppo di ricerca del Prof. Simone Ottonello che fa parte del Dipartimento di Scienze Chimiche, della Vita e della Sostenibilità Ambientale dell’Università di Parma.

Con circa 400 milioni di persone infettate in modo cronico e un numero crescente di nuovi casi ogni anno, l’infezione da HBV rappresenta un problema di grande rilevanza medico-sociale a livello mondiale. La persistenza dell’infezione nei pazienti affetti da epatite cronica dipende da un deficit della risposta immunitaria nei confronti del virus e può causare danno epatico cronico che può evolvere in cirrosi e talvolta in epatocarcinoma. Le terapie al momento disponibili, pur ben tollerate, devono generalmente essere somministrate per l’intera vita del paziente e spesso non sono in grado di stimolare una risposta immunitaria adeguata a controllare il virus in modo stabile.

Partendo dall’osservazione che nei pazienti con danno epatico cronico le risposte immunitarie mediate dai linfociti CD8 sono generalmente deboli o assenti, lo studio condotto dalla Dott.ssa Fisicaro dell’U.O. di Malattie Infettive ed Epatologia si è focalizzato sull’analisi dell’intero set di geni espressi dai linfociti CD8 specifici per HBV, al fine di individuare eventuali alterazioni suscettibili di correzione farmacologica, nell’ipotesi che un ripristino funzionale di queste cellule possa rappresentare una nuova ed efficace modalità terapeutica per l’epatite cronica B.

Lo studio è stato condotto sia su pazienti cronici affetti da infezione persistente da parte di HBV, sia su soggetti guariti dall’epatite B, con risoluzione spontanea dell’infezione poche settimane dopo averla contratta. Una grande difficoltà incontrata nell’esecuzione di questo studio è consistita nel numero estremamente esiguo di linfociti T recuperabili dal sangue periferico dei pazienti con infezione conica da HBV. A questa limitazione si è riusciti a far fronte grazie alla collaborazione con le dott.esse F. Guerrieri e D. Salerno, ricercatori del team di genomica del dell’Istituto Italiano di Tecnologia di Roma (CNLS-IIT), che hanno messo a punto un sistema sperimentale per valutare il profilo d’espressione di specifici set di geni a livello di “singola cellula”.

Attraverso tecnologie di assoluta avanguardia, lo studio ha permesso di scoprire che i linfociti T HBV-specifici dei pazienti cronici sono fortemente compromessi a livello metabolico ed energetico, con marcate alterazioni funzionali soprattutto a carico dei mitocondri, le “centrali energetiche” della cellula. Facendo seguito a questa osservazione, il team del Prof. Ferrari ha dimostrato come il trattamento con farmaci antiossidanti selettivi per il mitocondrio porti ad un sensibile ripristino funzionale dei linfociti T e quindi ad un miglioramento della risposta immunitaria. Questo risultato offre nuove speranze per il trattamento dell’infezione cronica da HBV, ma anche di altre patologie (di tipo virale e non, come patologie neoplastiche) contrassegnate da un deficit funzionale dei linfociti T e dall’assenza di risposte immunitarie adeguate.

Per approfondimenti:

http://www.nature.com/nm/journal/vaop/ncurrent/full/nm.4275.html

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