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Fotosintesi: due antenne per catturare più luce possibile

Ricercatori di IIT, Politecnico di Milano e Università di Verona hanno scoperto qual è il meccanismo che rende efficiente la fotosintesi nelle piante, e ora pianificano di esportarlo alle alghe utilizzate nei fotobiorettaori.

Un team di ricercatori, appartenenti all’Università di Verona, al Politecnico di Milano e all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), ha svelato il meccanismo evolutivo che ha permesso alle piante di ottimizzare il processo di fotosintesi.

In particolare, gli scienziati hanno scoperto che le cellule delle piante sono dotate di due tipi di “antenne solari”, una delle quali è specializzata nell’assorbimento della luce del sole che penetra negli strati cellulari più profondi. In prospettiva, questo specifico sistema di antenne potrebbe essere esportato nelle alghe utilizzate nei fotobioreattori per produrre biomasse.

Il gruppo di scienziati che ha condotto il lavoro è costituito da Mauro Bressan, Luca Dall’Osto e Matteo Ballottari, del Dipartimento di biotecnologie dell’Università di Verona, Ilaria Bargigia e Marcelo Alcocer, del Center for Nano Science and Technology (CNST) dell’IIT a Milano, Daniele Viola, Giulio Cerullo e Cosimo d’Andrea del Dipartimento di fisica del Politecnico di Milano. I risulatati della ricerca sono stati pubblicati il 26 agosto scorso sulla rivista Nature Plants.

La fotosintesi è il processo che trasforma acqua e anidride carbonica in ossigeno e zuccheri, grazie all’assorbimento della luce solare. Gli organismi responsabili di questo processo sono i cloroplasti, degli organelli presenti all’interno delle cellule delle piante. La reazione di fotosintesi si sviluppa attraverso due fasi successive, realizzate da due diversi centri di reazione chimica, chiamati fotosistemi, ciascuno dotato di una propria antenna solare. Il primo fotosistema, denominato PS2, assorbe la luce solare che gli è necessaria per ossidare l’acqua presente nella pianta. Dal processo di ossidazione dell’acqua si ricavano degli elettroni, che vengono trasportati verso il secondo centro di reazione, denominato PS1. Durante il trasporto, gli elettroni perdono energia e permettono così la produzione di ATP, il carburante per il metabolismo delle cellule. Quando gli elettroni hanno raggiunto il PS1, inizia la seconda fase del processo di fotosintesi. L’antenna solare del PS1 assorbe altra luce, a una lunghezza d’onda diversa da quelle del PS2, e convertono ATP e anidride carbonica in carboidrati*.

A partire dagli studi condotti dai biotecnologi veronesi sul miglioramento della produzione di biomassa di piante e alghe e grazie al coinvolgimento dei fisici del Politecnico e dell’IIT, specialisti nella misurazione di eventi ultrarapidi con strumentazione laser, gli scienziati hanno potuto analizzare con grande precisione l’assorbimento della luce da parte delle piante e la sua trasformazione in energia chimica, un processo che si svolge in tempi misurabili in picosecondi (millesimi di miliardesimi di secondo).

Tra gli organismi fotosintetici, solo i sistemi pluricellulari possiedono due diversi tipi di antenne, ciascuno dedicato ai due centri di reazione, PS1 e PS2. Gli organismi unicellulari, come alcune alghe, presentano infatti lo stesso tipo di antenne per i due fotosistemi. Dal punto di vista evolutivo, la differenziazione tra le antenne si è resa necessaria perché la qualità della luce cambia a seconda dello strato cellulare. “All’interno delle foglie”, spiegano i ricercatori, “l’antenna del PS1 si è differenziata da quella del PS2 per assorbire i fotoni lasciati passare dagli strati superiori”.

Nei fotobioreattori vengono utilizzate alghe ad alto livello di concentrazione cellulare, così la filtrazione della luce diventa simile a quella che si trova nelle foglie delle piante. Gli autori sono ora al lavoro per fornire alle alghe unicellulari un sistema di antenne simile a quello delle piante. Ciò permetterà alle alghe di crescere anche a forti concentrazioni cellulari. “Il vantaggio applicativo che potrà derivare da questa ricerca  – precisa Roberto Bassi – sta proprio nel fatto che avendo svelato la ragione dell’efficienza delle piante, una strategia evoluta in centinaia di milioni di anni, possiamo ora insegnare alle alghe a fare come le piante. In questo modo potremo coltivare le alghe a concentrazione più alta con maggiore rendimento. Al momento, i fotobioreattori non sono abbastanza efficienti proprio perché contengono una quantità di alghe ridotta che non ripaga a sufficienza l’elevato costo di gestione e costruzione”. 

Per approfondimenti

Biochimica et Biophysica Acta 1817, 143–157, 2012Evolution and functional properties of Photosystem II light harvesting complexes in eukaryotesAutori:  M. Ballottari, J. Girardon, L. Dall’Osto e R. Bassi.

Nature Plants 2, 16131, 2016LHCII can substitute for LHCI as an antenna for photosystem I but with reduced light-harvesting capacityAutori:  M. Bressan, L. Dall’Osto, I. Bargigia, M. J. P. Alcocer, D. Viola, G. Cerullo ,C. D’Andrea, R. Bassi and M. Ballottari.

*La denominazione dei due fotosistemi, il primo PS2 e il secondo PS1, è dovuta al fatto che il primo ad essere stato scoperto è quello responsabile per la seconda fase del processo. Il centro di reazione in cui avviene la prima parte della fotosintesi è stato scoperto solo dopo, e per questo chiamato PS2.

 

 

 

 

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