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Il robot umanoide iCub in aiuto dei bambini autistici

Per la prima volta al mondo il robot umanoide iCub entra all’interno di un centro clinico riabilitativo

Il robot umanoide iCub, realizzato all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT), per la prima volta al mondo entra in una struttura riabilitativa per prendere parte ad un trattamento sperimentale nell’ambito di una ricerca sui disturbi dello spettro autistico. Nei prossimi mesi, infatti, il team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT guidato dalla ricercatrice Agnieszka Wykowska lavorerà insieme all’equipe riabilitativa del Centro Boggiano Pico di Genova, polo specializzato nel trattamento dei disturbi del neurosviluppo dell’Opera Don Orione, per testare l’efficacia dell’utilizzo del robot nel trattamento di bambini affetti da disturbo dello spettro autistico direttamente in un contesto ambulatoriale.Il disturbo dello spettro autistico è una sindrome estremamente complessa che esordisce in età evolutiva e che colpisce circa l’1% della popolazione mondiale. In Italia, sono almeno 600 mila le persone, e quindi le famiglie, interessate dall’autismo. Dei 435 mila nuovi nati nel nostro paese nel 2020, più di 4000 soggetti potrebbero essere diagnosticati con spettro autistico nel corso dell’età evolutiva.In Liguria, dal 2008 a oggi il numero dei pazienti seguiti dai servizi territoriali delle Asl è triplicato, passando da meno di 500 a oltre 1500 soggetti.Il progetto di IIT e Opera Don Orione nasce dall’idea di mettere concretamente la ricerca e la tecnologia più avanzata al servizio della società in un contesto puramente clinico e di cura. Nell’ambito di un intervento multidisciplinare ed individualizzato, la sperimentazione prevede l’interazione tra il robot iCub e un gruppo di bambini già inseriti nel percorso terapeutico del Centro Boggiano Pico, allo scopo di sviluppare le loro capacità di comprendere il punto di vista altrui.Le persone con autismo, infatti, hanno anche difficoltà a cogliere la prospettiva spaziale di chi si trova di fronte a loro, e proprio questo tipo di abilità è alla base di numerose competenze sociali. Questo programma di trattamento rappresenta il primo passo di un percorso riabilitativo di complessità crescente che potrebbe fornire ai giovani pazienti un aiuto per acquisire gli elementi di base per l’interazione sociale, migliorando sensibilmente la qualità della loro vita. “Il ruolo del robot è fondamentale in questo tipo di trattamento,” – spiega Davide Ghiglino, ricercatore del team IIT – “interagire con un essere umano in questo caso fornirebbe una quantità di stimoli troppo elevata e difficile da interpretare per individui con condizioni dello spettro autistico”. “Un robot ripete la stessa azione, nello stesso identico modo, un numero infinito di volte, cosa che risulterebbe impossibile per un essere umano, d’altra parte le competenze del terapeuta sono insostituibili” – spiega Agnieszka Wykowska. “Questa attività sottolinea l’importanza della multidisciplinarietà e dell’utilizzo di nuove tecnologie come la robotica in campo clinico” – conclude la responsabile del team Social Cognition in Human-robot Interaction di IIT.Al Centro Boggiano Pico vengono seguiti circa 200 bambini e adolescenti con disturbo del neurosviluppo, di cui circa 80 presentano un disturbo dello spettro autistico. La sperimentazione prevede il coinvolgimento di bambini nella fascia della prima infanzia in trattamento presso la struttura, e si integra con i metodi e le strategie abilitative già in corso secondo le linee guida nazionali. Si tratta di bambini nei quali il disturbo si manifesta in maniera unica anche per quanto riguarda le possibili comorbidità. Ogni bambino effettuerà il training per circa due mesi. In ogni seduta iCub affianca il terapeuta ed è impiegato in base alle competenze specifiche di ogni bambino. Il trattamento con il robot, già di per sé un’esperienza stimolante e rinforzante, si integra con altri interventi sulla motricità, le competenze socio-relazionali e quelle comunicative.La fase iniziale della sperimentazione si rivolge a circa 50 bambini e si concluderà a giugno del 2021. L’obiettivo, nei prossimi anni, è sviluppare ulteriori e diversi training che possano aiutare bambini con spettro autistico a implementare e accrescere specifiche competenze.La dott.ssa Tiziana Priolo e la dott.ssa Federica Floris, neuropsichiatra infantile la prima e psicologa la seconda presso il Centro Boggiano Pico, coordinano il progetto per l’Opera Don Orione. “In concreto, io sono perfettamente in grado di descrivere la posizione degli oggetti rispetto a me stessa e, di conseguenza, rispetto ad un altro soggetto. Per chi presenta un disturbo dello spettro autistico questa competenza potrebbe non essere così immediata – dichiara la dott.ssa Floris. “Acquisire la capacità di elaborare informazioni spaziali relative ad un punto di vista differente dal proprio, potrebbe aiutare a sviluppare competenze riconducibili all’ambito dell’empatia, come la conoscenza delle proprie emozioni, il loro controllo, il riconoscimento delle emozioni altrui e la gestione delle relazioni” – conclude la psicologa.“L’obiettivo della sperimentazione clinica è quello di verificare l’efficacia di nuovi protocolli di trattamento, integrando i modelli di riabilitazione raccomandati attualmente per il disturbo dello spettro autistico con interventi più specifici per le abilità sociali.  – prosegue la dott.ssa Priolo. “A lungo termine, la prospettiva è quella di ottenere nuovi strumenti che supportino l’équipe multidisciplinare nella presa in carico dei bambini e degli adolescenti. La domanda alla quale vogliamo dare una risposta è: il robot e l’intelligenza artificiale possono diventare strumenti aggiuntivi con i quali acquisire nuove capacità e migliorare la qualità della vita dei bambini con disturbo dello spettro autistico?” – conclude la neuropsichiatra infantile del Centro Boggiano Pico.Nello specifico, il training prevede un allestimento che consiste in un tavolo, realizzato appositamente dai tecnici IIT, dotato di strumenti per rendere l’interazione tra il robot e il bambino più semplice ed efficace come un vassoio mobile per lo scambio di oggetti, paratie trasparenti per garantire una sicura interazione e cubi di gommapiuma dotati di figure e colori diversi su ogni faccia. Durante il trattamento il robot iCub scambia uno dei cubi in gommapiuma con il bambino e osserva una delle sue facce. In seguito il terapista chiede al paziente, quale immagine o colore presente sulla faccia del cubo riesca a vedere e quale, secondo lui, il robot stia guardando.Gli specialisti del Centro Boggiano Pico, per facilitare l’interazione tra i bambini e il robot hanno lanciato un contest tra i piccoli pazienti per trovare un nome all’esemplare di iCub utilizzato nel training, per ora soprannominato Dott. Robot. Nel corso della sperimentazione verrà decretato il vincitore. Al momento i nomi in gara sono Luigi (n.d.r. don Luigi Orione, fondatore dell’Opera), Isaac, Marvin e Albert.Questa collaborazione si inserisce nel contesto del Center for Human Technologies dell’Istituto Italiano di Tecnologia (CHT-IIT@Erzelli) che, anche grazie al supporto della Regione Liguria, nasce per connettersi con le realtà cliniche e ospedaliere del territorio per trasferire i risultati della ricerca in contesti reali portando a ricadute concrete sulla salute delle persone.

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