Intervista a Giancarlo Ruocco, coordinatore del Center for Life Nano & Neuro Science di IIT a Roma (CLN2S@Sapienza)
Come inizia il percorso del tuo laboratorio?
Nel 2008 dopo anni che non ci vedevamo da tempo ho incontrato Roberto Cingolani. Io ero direttore del Dipartimento di Fisica dell’Università Sapienza, e a breve sarei diventato prorettore per le politiche della ricerca della stessa università, Roberto stava procedendo a tappe rapide nell’organizzazione di IIT. Il Direttore Scientifico aveva, in quel particolare periodo storico della Fondazione, l’esigenza di trovare collaborazione anche dal mondo accademico che non comprendeva appieno il ruolo di questa nuova istituzione scientifica. Da una discussione con Roberto nacque l’idea di un maggiore coinvolgimento dell’accademia tramite i progetti “Seed”. Questa strada non dette purtroppo i risultati sperati. Da quel momento i rapporti con Cingolani si intensificarono e, su proposta di Sapienza, IIT decise di aprire un centro di ricerca a Roma. La risposta fu positiva e individuammo anche l’area d’interesse: le tecnologie per la medicina. Elaborai quindi con la collaborazione di diversi colleghi un piano scientifico che prevedeva di lavorare su cinque temi specifici. Tra queste proposte, sentiti i diversi organi scientifici e gestionali di IIT, ne vennero scelti due: tumori cerebrali infantili e malattie neurodegenerative. Concomitanze favorevoli ci permisero di individuare rapidamente degli spazi, 1500 metri quadri che sono quelli che occupiamo ora, di proprietà demaniale inseriti nel complesso immobiliare della Sapienza. Dal 2013 sono iniziate le nostre attività di ricerca. Le valutazioni degli enti preposti al controllo del nostro lavoro sono state subito molto positive con un’unica sottolineatura: si reputava necessario che il Centro IIT mostrasse sempre maggiore indipendenza culturale dall’Università. Questo distacco condotto senza strappi e in accordo tra le parti è culminato, nel 2016, con la mia richiesta d’aspettativa dalla Sapienza per dedicarmi a tempo pieno al laboratorio IIT. Nel frattempo si sono ridisegnate le attività di ricerca, discostandosi parzialmente dai due temi iniziali e tutta la struttura si è principalmente focalizzata sulle tecnologie per le neuroscienze. Oggi il CLN2S è costituito da sette linee di ricerca, tutte orientate alle neuroscienze, con vari livelli di attenzione all’obiettivo del trasferimento tecnologico.
Oggi verso quali versanti procede il tuo lavoro?
Una precisazione di fondo: questo centro nasce con un’idea multidisciplinare organizzata attorno al tema medico e quindi abbiamo coinvolto medici, informatici, biologi, fisici e il mio lavoro è stato principalmente quello di far lavorare insieme persone con culture diverse con l’obiettivo di trovare un linguaggio comune. Un esempio, forse banale, ma che chiarisce il livello di gergalità che si trova in diversi ambiti disciplinari: per un fisico il termine “modello” è uno schema concettuale per rappresentare i dati. Per i biologi, con i quali i fisici sono venuti a contatto, un “modello” ha invece quattro zampe e la coda, è un organismo (molto spesso un topo) che ricapitola alcune caratteristiche genetiche utili per studiare processi biologici e patologie. Ho quindi lavorato sulla “convergenza” tra queste persone e nella prima fase di questo processo abbiamo inventato iniziative creative per far in modo che queste persone lavorassero bene insieme. Abbiamo nei primi anni indetto un premio per dei nostri colleghi con formazione scientifica diversa che, estratti a sorte, dovevano pubblicare insieme in dodici mesi uno studio. Lavorare in convergenza è oggi una caratteristica che qualifica il nostro centro e quindi io mi sono potuto dedicare ad altri interventi quali quello, sicuramente meno complesso rispetto a questo, teso alla messa a punto del trasferimento tecnologico. In questo percorso fondamentale per la vita della nostra ricerca abbiamo avuto la fortuna di incontrare un imprenditore illuminato, Vincenzo Ricco, che con la sua piccola impresa ad alto contenuto tecnologico, CrestOptics, ha finanziato un joint lab con il nostro centro con lo scopo di sviluppare nuove tecnologie, principalmente nel campo della microscopia e della diagnostica. Attraverso questa attività alcuni studi stanno per giungere al mercato, altri, iniziati successivamente, stanno facendo lo stesso percorso.
Quindi il trasferimento tecnologico sarà il tuo obiettivo strategico?
Si continuando a lavorare su quella che è la nostra matrice basata sull’attrazione di persone e idee alle quali garantire, attraverso le nostre conoscenze tecnologiche, lo sviluppo. Cito il caso di Salvatore Aglioti, oggi uno dei sette PI del CLN2S, vincitore di un Advanced Grant ERC per studi di psicologia sociale (quanto di più lontano dal TT possa esistere). Ci ha chiesto, lui che è uno psicologo, di collaborare allo sviluppo, come sta accadendo, di alcuni prodotti a forte contenuto tecnologico utili per i suoi studi. Si è quindi concretizzata una convergenza di due competenze e culture diverse, e nuovi strumenti concreti e concettuali sono in via di perfezionamento.
Cosa ti servirebbe per migliorare ancora il lavoro del tuo centro
Può sembrare banale, ma in questo momento siamo limitati da problemi logistici, ci servirebbero spazi più ampi i laboratori. Siamo stati costretti a non accettare richieste di nuovi colleghi che sarebbero venuti a lavorare con noi, portando le proprie risorse e le proprie competenze per fa crescere la struttura.
Sono convinto che il giusto schema di lavoro per il nostro istituto – che si chiama “di Tecnologia”- sia quello di finanziare la ricerca “curiosity driven”, diciamo a basso TRL, ma questo solo nella fase iniziale. Successivamente, come abbiamo già in più occasioni dimostrato, le ricerche idonee devono proseguire individuando partner industriali o finanziari in grado di sostenere tutto il processo di sviluppo fino alla soglia del mercato. Le ricerche che non mostrano queste caratteristiche, e che sono certamente fondamentali per lo sviluppo culturale della società- non dovrebbero trovare posto nell’istituto.