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Marijke Gnade: il futuro che scova il passato

Scavi archeologi e tecnologie digitali. Intervista all’archeologa olandese impegnata nel sito di Satricum vicino a Roma

Il suo ufficio è immerso in un uliveto a sessanta chilometri da Roma: dal 1980 Marijke Gnade trascorre le sue giornate tra la polvere e le vecchie pietre di un sito archeologico chiamato Satricum. Non immaginatela, però, china sulla terra a spolverare  con un pennello vecchi mosaici o vasi di terracotta: oggi il lavoro dell’archeologo è rinnovato dalla tecnologia.Marijke Gnade è archeologa e docente all’università di Amsterdam. È stata ospite al Festival della Scienza di Genova 2019 dove, a margine della sua lectio magistralis, ha raccontato a OpenTalk quali siano gli strumenti tecnologici utilizzati nel suo lavoro.https://youtu.be/Vg9z9oZ3COM«La ricerca archeologica a Satricum – ha spiegato la docente universitaria – usa tecniche non distruttive per rivelare resti antichi, come la prospezione geofisica, le fotografie aeree che integrano con la mappatura del Novecento, la copertura Lidar che offre una scansione del terreno e consente di riconoscere così ogni piccolo rilievo fornendo indicazioni utili per la fase dello scavo».Con metodi sempre più moderni, la tecnologia va incontro all’archeologia senza sostituire le competenze dell’archeologo: «La tecnologia può anche sbagliare – continua Marijke Gnade – ad esempio il georadar non distingue il ferro da una granata della Seconda Guerra Mondiale; per questo bisogna sempre conoscere la storia del terreno».Le ricostruzioni in 3D dei resti delle strutture antiche completano poi le ricerche in corso. Sulla base dei dati 3D integrati dalle foto aeree  possibile creare ambienti virtuali fruibili anche attraverso i cellulari. : «Questi approcci alla fruizione sono molto importanti per coinvolgere il pubblico e fargli scoprire i resti antichi e il nostro patrimonio archeologico».Lo sviluppo e l’applicazione delle tecnologie digitali per lo studio e conservazione dei beni culturali sono le missioni principali del Centre for Cultural Heritage Technology, l’undicesimo centro dell’IIT, inaugurato a Venezia quest’anno e coordinato da Arianna Traviglia.Tra i vari progetti in partenza ve n’è in particolare uno dedicato all’uso dei dati telerilevati, in special modo i dati Lidar, per individuare la presenza di siti archeologici che giacciono nel sottosuolo. Il Centro, tra i pochissimi al mondo, sviluppa applicazioni di Machine Learning per automatizzare il processo di identificazione di siti archeologici ancora sepolti su dati Lidar.Il CCHT  sviluppa inoltre tecnologie innovative per la scansione 2D e 3D di manufatti storico-artistico-archeologici attraverso tecniche avanzate di Computer Vision e per lo sviluppo di algoritmi in grado di accelerare la ricostruzione tridimensionale di oggetti e monumenti.

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