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Nell’economia globale le grandi potenze investono in IA

Dal 1956 – anno in cui è stata usata per la prima volta la definizione di intelligenza artificiale (IA) – ad oggi, i tentativi di sviluppare software e macchine in grado di replicare, quantomeno in parte, l’incredibile complessità e capacità d’azione del cervello umano hanno fatto passi da gigante

Un settore in continua crescita

Nel recente passato, infatti, i sistemi di intelligenza artificiale hanno travalicato i confini del laboratorio (o quelli delle sfide combattute a una scacchiera) per diventare sempre più pervasivi nella società  civile, trovando moltissimi campi di applicazione: dalla diagnostica medica alla domotica, dal riconoscimento facciale al marketing, dai sistemi di navigazione alle previsioni meteo, dalla robotica ad avveniristici programmi di guida autonoma, ormai le IA sono (quasi) ovunque. È sempre più evidente, quindi, che il modo in cui svilupperemo nuove forme di IA definirà il nostro futuro, inteso sia a livello di singoli sia di società. E questo non è certamente sfuggito al settore privato: negli ultimi anni le grandi aziende (come Amazon e Google, giusto per citare due tra i maggiori colossi mondiali) acquistano non più solo talenti, ma direttamente startup e piccole-medio imprese che fanno dell’IA il loro core business.

È quindi particolarmente interessante analizzare i trend e le politiche di sviluppo di questo settore a livello internazionale. La situazione delle IA in Italia e le policy programmate in questo campo nel nostro Paese verranno trattate in un’analisi a sé stante, viste le profonde implicazioni a livello economico, ma anche sociale, di queste tecnologie.

Secondo un’analisi del 2019 dell’International Finance Corporation (membro del World Bank Group) gli hub di IA più produttivi al mondo sono la Silicon Valley californiana, New York, Boston, Pechino, Shenzhen e Londra. Questi poli traggono vantaggio non solo dalla creazione di posti di lavoro altamente qualificati e altamente retribuiti, ma anche dalle ricadute in termini di conoscenza e innovazione legati allo sviluppo di IA: i dipendenti di queste aziende tendono a diventare imprenditori, i lavoratori passano da un’azienda all’altra in un mercato libero e competitivo, e le tecnologie sviluppate vengono distribuite e trovano applicazione all’interno dell’economia locale, aumentandone ulteriormente il valore in un circolo virtuoso basato sull’innovazione.

Le strategie sull’IA nel mondo

Nella maggior parte dei casi questo sviluppo è supportato, se non addirittura trainato, da strategie e misure legislative-economiche erogate a livello di governi nazionali. È il caso degli Stati Uniti, che guidano le classifiche di investimenti in questo campo non solo in termini di valori assoluti, ma anche di qualità. Il National AI Initiative Act del 2020 prevede un programma coordinato in tutto il governo federale per “accelerare la ricerca e l’applicazione dell’IA per la prosperità economica e la sicurezza nazionale”. Obiettivo dichiarato dell’Initiative è anche preparare la forza lavoro attuale e futura all’integrazione di queste rivoluzionarie tecnologie in tutti i settori dell’economia e della società.

Non vuole essere da meno la Cina, che già nel luglio del 2017 ha pubblicato la sua strategia nazionale sull’IA, intitolata “Piano di sviluppo dell’intelligenza artificiale di nuova generazione” (Artificial Intelligence Development Plan, AIDP). Il documento che descrive questa strategia ha fissato tre tappe di sviluppo (rispettivamente per il 2020, il 2025 e il 2030), attraverso la definizione di obiettivi intermedi di natura geopolitica, fiscale, legale ed etica che permettano alla Repubblica Popolare Cinese (che ha il grande vantaggio di avere circa 750 milioni utenti internet giornalieri e un’enorme quantità di dati digitali da poter elaborare) di generare un mercato per le IA di 150 miliardi di dollari entro il 2030.

L’AIDP, recentemente aggiornato con il nome di “New generation AIDP” suggerisce apertamente che l’IA debba divenire la principale forza trainante del potenziamento industriale e della trasformazione economica futura del Grande Drago. Allo stesso tempo, la strategia di Pechino sottolinea l’importanza di minimizzare i rischi associati alla trasformazione delle strutture occupazionali e alle violazioni della privacy personale.

Diversi altri Paesi in tutto il mondo (dall’India al Canada, dal Giappone a Singapore, dalla Russia a Israele) si sono dotati o si stanno dotando di analoghe strategie di sviluppo delle IA.Nel continente europeo, il Regno Unito è il leader indiscusso con 121 aziende il cui business è incentrato su queste tecnologie, e nel 2017 il governo britannico ha annunciato un finanziamento di 78 milioni di dollari per sostenere progetti di ricerca sulla robotica e sulle intelligenze artificiali.

L’approccio europeo

Anche l’Unione Europea ha lanciato, nell’aprile del 2021, la sua strategia per l’IA, con il dichiarato scopo non solo di avvantaggiarsi di queste tecnologie a livello commerciale e tecnologico, ma anche di sviluppare innovazioni che siano anche “affidabili, sicure, protette e incentrate sull’essere umano”. La Commissione prevede di investire, attraverso i programmi Horizon Europe e Digital Europe, circa 1 miliardo di euro all’anno in questo settore. È prevista inoltre la mobilitazione di ulteriori investimenti provenienti dal settore privato e dagli Stati membri per raggiungere un volume di investimenti di circa 20 miliardi di euro nel corso del prossimo decennio. Il pacchetto di misure comunitarie, che mira a fare dell’UE uno dei principali competitor globali nel mondo dell’IA, vuole innanzitutto promuovere un approccio coordinato tra gli Stati membri, a livello normativo ma anche di massimizzazione di risorse e investimenti. Iniziative europee come la strategia comunitaria per la sicurezza informatica, la legge europea sui servizi digitali, quella sui mercati digitali e la legge sulla governance dei dati forniscono inoltre la giusta infrastruttura per la costruzione di sistemi di IA robusti e affidabili.

È stata poi lanciata, nel 2020, la rete ELLIS (European Laboratory for Learning and Intelligent Systems), costituita da 30 laboratori distribuiti in 14 Paesi dell’Unione Europea che saranno impegnati in attività di ricerca legate alla robotica, alla visione artificiale, al linguaggio e allo sviluppo di software di apprendimento. A questo importante consorzio partecipa anche l’Italia, con tre gruppi di ricerca: IIT-Università di Genova, Politecnico di Torino e Università di Modena. L’investimento collegato ai primi cinque anni di attività di ELLIS è di circa 300 milioni di euro.

Parallelamente la Commissione ha emanato un regolamento (“AI Act”) per sviluppare un quadro normativo e giuridico comunitario, che comprenda tutti i settori (tranne quello militare), e che classifichi e disciplini le IA sulla base di una classe di rischio. Tale regolamentazione, volta a limitare i potenziali danni etici causate da tecnologie di IA, prevede di vietare alcuni tipi di applicazioni, tra cui il riconoscimento biometrico a distanza, le applicazioni che possono manipolare le persone in modo subliminale, quelle che sfruttano le vulnerabilità di alcuni gruppi sociali, o che promuovono il cosiddetto sistema di credito sociale.

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