Cerca
Close this search box.

Radiazione Terahertz e plasmoni nel grafene

Si aprono nuovi scenari per applicazioni nella diagnostica per immagini in ambito biomedico

La radiazione elettromagnetica nella cosiddetta “banda Terahertz” (THz) è caratterizzata da lunghezze d’onda molto grandi (comprese tra 1 millimetro e 30 micron). I fotoni di un raggio THz sono quindi molto poco energetici e la radiazione THz ha un carattere non-ionizzante. Questa sua natura “non pericolosa” per la materia vivente la rende molto interessante per applicazioni nella diagnostica per immagini in ambito biomedico. La sua larghezza di banda la rende inoltre molto utile per comunicazioni wireless del futuro. Ancora, molte sostanze nocive o pericolose possiedono delle “impronte” nella banda THz. Infine, nel campo della ricerca fondamentale in fisica della materia, la luce THz gioca un ruolo estremamente importante nell’individuazione di effetti subdoli in materiali quantistici fortemente correlati.

Il rilevamento, la generazione, e la manipolazione della radiazione THz continuano, però, a presentare ostacoli tecnologici significativi. Basti pensare che, a causa delle grandi lunghezze d’onda in gioco, l’integrazione di dispositivi THz con dispositivi elettronici moderni di scala micrometrica è una sfida completamente aperta, e ha a che fare con la compressione del segnale. Io e il mio gruppo stiamo in parte lavorando, dal punta di vista teorico, proprio in questa direzione.

Nel 2012, in un lavoro pubblicato con Grigorenko e Novoselov su Nature Photonics, abbiamo enfatizzato come la “plasmonica” basata sul grafene sia estremamente efficace nel comprimere radiazioni elettromagnetiche di grande lunghezza d’onda, permettendo anche di trasferire energia elettromagnetica lungo canali di spessore atomico. Questi fenomeni di “compressione” si concretizzano nella conversione di radiazione elettromagnetica di una certa lunghezza d’onda  in onde pari a un centesimo di quella di partenza. Questo è reso possibile dalla capacità di sfruttare il comportamento collettivo degli elettroni che, in un conduttore come il grafene, possono autosostenere (senza bisogno di un’eccitazione esterna) delle onde dette “plasmoni”. Nel grafene, queste hanno frequenze caratteristiche dal medio infrarosso fino al THz. I plasmoni nel grafene offrono inoltre il vantaggio di poter essere controllati in maniera totalmente elettrica (ovvero, la loro lunghezza d’onda può essere cambiata mediante l’applicazione di una differenza di potenziale, al contrario dei plasmoni nei metalli nobili come argento ed oro). In questo materiale, infine, i plasmoni possiedono una vita media molto lunga, ormai prossima al picosecondo.

In un recente articolo pubblicato su Nature Nanotechnology, alcuni colleghi di CIC nanoGUNE (San Sebastian, Spagna) in collaborazione con vari gruppi di ricerca, tra cui ICFO (Barcellona, Spagna) e la Columbia University (New York, USA), sono riusciti a visualizzare luce THz compressa mediante plasmoni in fogli di grafene di altissima qualità elettronica (vedi figura).

Per visualizzare i plasmoni, i ricercatori sperimentali hanno registrato delle mappe spaziali (con risoluzione di qualche decina di nanometri) della corrente che si misura quando una punta metallica di un AFM (microscopio a forza atomica) viene spostata sulla superficie del dispositivo e simultaneamente illuminata con luce THz. Il dispositivo è basato su un foglio di grafene incapsulato tra due strati di nitruro di boro (hBN) e posto vicino a degli elettrodi metallici (chiamati “split gate” nella figura). La punta dell’AFM ha il doppio ruolo di focalizzare la luce THz incidente su un’area di diametro di circa 50 nanometri e di lanciare le onde di plasma nel grafene. Quando il dispositivo viene illuminato con luce THz di lunghezza d’onda di circa 100 micrometri, si osservano plasmoni nel grafene con lunghezza d’onda di circa 66 volte più bassa.

Queste misure sperimentali sono state spiegate grazie una teoria sviluppata da me all’IIT, in collaborazione con due ex-studenti (Alessandro Principi, presso la Radboud University di Nijmegen, e Nicoló Forcellini, presso l’Imperial College di Londra). Una collaborazione resa possibile dal progetto europeo decennale “Graphene Flagship” (2013-2023), in cui IIT con i suoi “Graphene Labs” svolge un ruolo di primo piano.

Il fatto che luce THz possa essere compressa di un fattore così grande si spiega teoricamente grazie al fatto che lo split gate d’oro molto vicino al grafene modifica fortemente la relazione di dispersione energia-impulso dei plasmoni in questi fogli di spessore atomico. In ultima analisi, questo succede a causa dell’impatto del gate sulle forze di repulsione elettrostatica tra gli elettroni nel grafene. La forza di Coulomb tra due elettroni viene infatti ridotta in maniera molto efficace dalla presenza del gate, cosa che comporta una diminuzione della frequenza caratteristica dei plasmoni a fissato vettore d’onda, oppure, appunto, un aumento del vettore d’onda del plasmone a fissata frequenza d’illuminazione esterna. I plasmoni risultanti sono detti plasmoni acustici visto che la relazione tra la loro energia ed il vettore d’onda risulta lineare. Assomigliano quindi alle onde di pressione in un gas o un liquido.

Questa scoperta apre degli scenari molto interessanti nello studio fondamentale della dinamica elettronica in materiali bidimensionali e dell’accoppiamento tra i moti elettronici e le vibrazioni reticolari (fononi). Dal punto di vista applicativo, invece, possiamo iniziare a pensare di utilizzare i plasmoni THz in dispositivi basati sul grafene per la realizzazione di rilevatori ultra-sensibili di materiale biologico.

 

JOURNAL: Nature Nanotechnology

TITOLO DELLO STUDIO: Acoustic terahertz graphene plasmons revealed by photocurrent nanoscopy

AUTORI: Pablo Alonso-González, Alexey Y. Nikitin, Yuanda Gao, Achim Woessner, Mark B. Lundeberg, Alessandro Principi, Nicolò Forcellini, Wenjing Yan, Saül Vélez, Andreas. J. Huber, Kenji Watanabe, Takashi Taniguchi, Félix Casanova, Luis E. Hueso, Marco Polini, James Hone, Frank H. L. Koppens & Rainer Hillenbrand

 

LINK AL PAPER: http://www.nature.com/nnano/journal/vaop/ncurrent/full/nnano.2016.185.html?WT.feed_name=subjects_graphene

Condividi