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Ricercatori senza frontiere: Egitto

Dall’austerità delle bellezze del Cairo, all’amore per i robot

Chi lascia l’Egitto lascia una parte del suo cuore tra i vicoli caotici del Cairo e l’aria pregna di Storia della Civiltà. E vuole tornarci. Perché famiglia è casa, e per molti casa è dove sei nato o dove la tua famiglia è rimasta.Questo almeno è quello che racconta Shamel Fahmi, egiziano, giovane PhD del gruppo Dynamic Legged Systems coordinato dal PI Claudio Semini. Nato al Cairo e vissuto lì per 20 anni, Shamel si è laureato in Ingegneria Meccatronica presso la German University in Cairo, ha conseguito tesi ed internship invece in Germania, alla RWTH Aachen University proseguendo con una Master nei Paesi Bassi alla University of Twente. Durante questi anni ha lavoraro al German Aerospace Center (DLR – Deutsches Zentrum für Luft- und Raumfahrt) approfondendo temi di intelligenza artificiale, guida autonoma, robotica medicale e interazione uomo-macchina. Insomma, Shamel è appassionato di robotica e il suo CV parla chiaro. “Non è una esagerazione ma robotica e programmazione sono le due mie grandi passioni!”. Hai mai pensato di tornare in Egitto un giorno?Penso sempre a casa. E penso di tornare lì un giorno, sì. Per la mia famiglia e per portare il messaggio che tutti possono farcela. Non vedo l’ora.Mi descrivi la città in cui sei nato Shamel?Oh! Non saprei da dove iniziare! Vivere al Cairo è decisamente eccentrico e non paragonabile con qualunque altra città! E’ qualcosa di incredibile, c’è sempre qualcosa da fare lì! Solo passeggiando in città puoi respirare e vedere cultura e storia dal mondo antico egiziano, copto, greco, ebraico, romano, cristiano, islamico, ecc. Mi racconti un’espressione nella tua lingua che ti piace particolarmente?

خليك†دغري†حتي†لو†الشمال†مغري

Letteralmente tradotta in “Khaleek doghri hatta law el shemal moghri”, “rimani sincero sempre, anche se il diavolo è tentatore”. Una di quelle frasi che senti spesso ripetere nelle mie città.Ogni riferimento è lì, all’Egitto, come un magnete. Al suo passato, al sogno di tornare a casa con qualcosa di suo da poter raccontare e condividere per migliorare con la sua esperienza i giovani della sua Terra. Se gli chiedi un ricordo del passato a cui è affezionato ti spiega che in realtà è legato al   presente, alla persona che è diventato, al percorso intrapreso, ed è grato alle persone che gli hanno permesso di compiere questi studi e scoprire delle opportunità: supervisor e famiglia.Shamel, a cosa lavori in IIT e perché hai scelto IIT?Sono arrivato in IIT nel 2017, nel gruppo di Claudio Semini. Ho scelto il gruppo Dynamic Legged Systems perché volevo stare in un team che costruisse da zero i robot su cui studiare, consapevole che per guidare una linea di ricerca mia in futuro dovrò avere la conoscenza fondamentale di come sono fatte le cose e come funzionano.  E ho scelto i robot quadrupedi perché credo che questo sia un problema cruciale e importante nel mondo della robotica. Il mio PhD si concentra sullo studio del “cervello” dei robot come HyQ e HyQ Real. Ovvero, con l’aiuto di machine learning e teoria del controllo mi occupo di capire come il robot HyQ possa percepire l’ambiente circostante e muoversi di conseguenza. Soprattutto su terreni morbidi, con l’idea di poter sviluppare l’utilizzo di HyQ in ambiti di salvataggio o agricoli.  Per me, studiare in questo ambito, ha una rilevanza sostanziale, prendi per esempio quello che è successo durante il disastro del The Fukushima Daiichi nel 2011 o l’incendio della cattedrale di Notre-Dame nel 2019: in questo tipo di scenari così pericolosi i robot quadrupedi sono di importanza capitale. E ritengo che ugualmente si possa dire per l’Egitto. La mia Terra è ancora piena di mine anti-uomo, ordigni inesplosi della seconda guerra mondiale che sono perfetti soldati che possono uccidere in qualunque momento. Per quelle che ne so, spazzare le mine anti-uomo è ancora un lavoro che spetta all’uomo, quando invece i robot quadrupedi potrebbero aiutare moltissimo. E’ per questo che in IIT mi sono trovato benissimo, un ambiente internazionale estremamente all’avanguardia e multiculturale dove non ti senti mai lasciato indietro o isolato. Il migliore in assoluto tra quelli in cui ho lavorato o studiato. Dal calcio alla focaccia con cipolla e salsa di noci, dall’orografia di Genova al panorama mozzafiato che si intravede dall’aereo atterrando a Genova, Shamel non risparmia parole gentili per il capoluogo ligure, sottolineando però i disagi comuni a “foresti” come la burocrazia per i cittadini non-UE e la difficoltà di spostarsi da una parte all’altra della città se privi di mezzo proprio.Un concentrato di intervista su robotica e robot, con uno sguardo al futuro che Shamel traduce così “sarebbe magico se tra 50 anni la comunità scientifica possa ricordarsi del lavoro fatto da me e i miei colleghi”. Il sogno di ogni “piccolo Einstein” che vive la ricerca come una scommessa per migliore la qualità della vita e lasciare un segno.In bocca al lupo Shamel!___Vai alla Rubrica “Ricercatori senza frontiere” 

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