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Ricercatori senza frontiere: Colombia

Un ballerino mancato, che ama la carbonara e studia nanoparticelle da usare come recettori

Si chiama Sebastian Franco Ulloa ma attenti, Franco è il cognome! La prima cosa che ci tiene a chiarire è questa, e noi d’ora in avanti lo chiameremo solo Sebastian.Eclettico, e con una grande energia già nello scrivere, il suo atteggiamento nei confronti della vita e della scienza lo ricrea molto bene quando descrive come una narrazione, anche commovente, il suo ricordo più bello che gli chiedo di condividere con i lettori di OpenTalk. “Durante il primo semestre del primo anno di Università in Bogotá ho incontrato due ragazzi che di lì a poco tempo sono diventati i miei migliori amici. E lo sono ancora dopo 9 anni. Ci vogliamo bene profondamente e posso dire che siamo diventati l’uno la famiglia dell’altro. Purtroppo però uno di loro adesso vive in Messico, un altro è rimasto in Bogotá e io mi sono spostato in Italia. La grande distanza che ci separa ha reso estremamente difficile incontrarci come prima. Nonostante questo, all’inizio del 2018 abbiamo deciso di incontrarci e abbiamo iniziato a pianificare di rivederci in Europa. Dopo 2 anni di risparmi, chiacchierate su dove ci saremmo rivisti e accumulo di ferie per riservarle solo a quell’incontro, alla fine del 2019 siamo riusciti a riabbracciarci nel Nord Europa. È stato emozionante rivedere le persone che puoi dire di considerare fratello e sorella, e ha avuto un significato ancora diverso incontrarci sapendo che sia stato il risultato di uno sforzo collettivo e di una forte pulsione emotiva e affettiva.”.Sebastian io non conosco nulla del posto in cui sei nato. Riesci a farmelo immaginare, mi racconti qualcosa della patria del caffè e della tua città che la guida turistica Lonely Planet definisce come “il cuore pulsante della Colombia”?Bogotá è una città enorme, circa 8 milioni di abitanti. E il fatto che sia così grande e affollata comporta una serie di problematiche molte delle quali legate alla mobilità. Alcune volte è addirittura difficile prendere i mezzi pubblici per raggiungere luoghi anche apparentemente vicini. Come per ogni grande città però, l’abbondanza di persone è anche abbondanza e varietà di possibilità di incontri e attività che si possono svolgere. Non esiste un unico “centro storico” come per le città europee, esistono vari tipi di quartieri per le molte cose che si possono fare a Bogotá! La città è circondata dalle vette andine, e questo ne limita fortemente la crescita urbana in alcune direzioni. Vale la regola generale che più a Nord vivi, più alto è il tuo ceto sociale e dunque economico. Quindi nel nord della città puoi trovare ampi spazi verdi, parchi, ville con giardini, centri commerciali, edifici per uffici molto belli. E’ la parte più moderna. Al contrario, il Sud ha una infrastruttura assai mal tenuta e degradata. E questo purtroppo è il risultato emblematico di una disuguaglianza sociale inquietante e preoccupante. L’aspetto positivo è che una città con una forbice sociale così grande ti permette esperienze molto diverse nel corso della vita e variegate. Uno dei miei quartieri preferiti, La Candelaria, è la parte centrale più turistica, con vie acciottolate ed edifici di stampo coloniale, piena di piccoli bar, molti teatri e il cuore di tantissime proteste. Un altro quartiere caratteristico è il Chapinero, dove puoi gustare la cucina tipica colombiana, un quartiere gay molto famoso con il forse più famoso locale bar gay di tutta l’America latina, il Theatron. Oppure mi viene in mente la Zona – T, il quartiere situato nel nord della città, e noto per la sua vita notturna “elegante” con negozi costosi. Una descrizione minuziosa e precisa di una parte di mondo lontana oltre 15 ore d’aereo da Genova. Che conclude con il motto molto diffuso nel paese, “El vivo vive del bobo y el bobo de papá y mamá”, letteralmente “La persona vivace vive della persona stupida, e la persona stupida vive di mamma e papà” ma il suo significato reale è simbolo del degrado tanto ben raccontato da Sebastian: approfitta degli altri prima che gli altri traggano vantaggio da te.Nato e cresciuto nella capitale, Sebastian è un PhD del gruppo Molecular Modeling and Drug Discovery coordinato da Marco De Vivo. Ha 26 anni, ha frequentato la scuola secondaria presso il Colegio Campoalegre di una cittadina, Sopó, distante pochi chilometri da Bogotá, e si è laureato alla University of Los Andes prima in Chimica e poi in Fisica.In IIT lavora nel gruppo di De Vivo alla modellazione molecolare di nanoparticelle d’oro, a cui viene data una funzione tramite gruppi chimici ancorati alla loro superficie. Queste nanoparticelle hanno dimensioni appunto nel “nano” (10 alla -9 metri) e sono composti da un nucleo metallico, di oro in questo caso, e da uno strato superficiale formato da piccole molecole di carbonio (i.e., molecole organiche) che possono avere diverse funzionalità. Queste ultime permettono di usare, ad esempio, tali nanoparticelle come sensori.Nel suo dottorato Sebastian si occupa di studiare con metodi computazionali (quindi al computer) come modellare queste nanoparticelle, e disegnare in maniera razionale la loro superficie, così da poter ingegnerizzarne la loro funzione.Qual è, nella tua ricerca, l’ambito che ti affascina maggiormente?Le applicazioni di queste nanoparticelle sono un campo vastissimo, e relativamente nuovo. C’è ancora molto da scoprire. L’applicazione che più mi interessa sviluppare è l’uso di queste nanoparticelle come sensori di sostanze in soluzione. Il che significa che possono essere usate come recettori, e sentire quindi la presenza di sostanze in un fluido (sangue o saliva, per esempio). Questo può portare alla determinazione di sostanze usate come marcatori per malattie, come per esempio per la diagnosi e prognosi di alcuni tipi di cancro, per il quale esistono marcatori che si possono trovare e quantificare nei fluidi analizzati. Lavoro e passeggiate in montagna, Righi e il silenzio di un posto vicino la città che ti fa sentire lontano dalla metropoli, lontano dai rumori e dall’inquinamento ambientale di Genova, in pace con la Natura. Racconta del suo tempo libero immerso tra le colline a nord-est, con un accenno ai “rigatoni alla carbonara” – piatto italiano che ama e che ammette di cucinare “con la pancetta anziché col guanciale e con il parmigiano anziché il pecorino!”. Diversamente dal suo piatto tipico colombiano, invece, fatto di frutta freschissima raccolta ogni giorno, come “lulo, guayaba, guanabana, and maracuyá”.Sebastian, cosa ti piace di più della tua vita in IIT e qual è il tuo sogno nel cassetto?IIT e il mio gruppo mi hanno permesso di lavorare su più risorse computazionali di quelle che potessi chiedere o immaginare! Non ho mai dovuto interrompere una simulazione! Avere anche un posto in un ufficio dove poter stare e lavorare migliora l’efficienza dei dipendenti e la produttività complessiva. E poi è un centro multietnico, i miei più cari colleghi, per citarne solo alcuni, provengono dall’Italia, dalla Repubblica Ceca e dalla Colombia! L’aspetto peggiore del vivere qui, a Genova e in Italia in generale, è la burocrazia con cui sopravvivere se sei un cittadino non–UE, le difficoltà enormi da affrontare che spazientiscono e ti lasciano incredulo immaginandoti vivere in un paese dell’Unione Europea.Mi piacerebbe avere una permanent position in una università europea dove poter insegnare. Amo l’insegnamento e metto grandissima passione nell’interazione con gli studenti!  E invece da piccolo cosa sognavi di diventare Sebastian?Un ballerino. Da piccolo ho studiato vari stili, danza contemporanea, pole dance, balletto e un po’ di jazz. L’interesse per la danza non ha mai smesso di vivere dentro di me. Sfortunatamente perseguire una carriera nella danza è estremamente difficile, soprattutto se inizi tardi come ho fatto io e soprattutto se vivi in un paese come la Colombia, troppo pieno di pregiudizi e difficoltà legate alla situazione sociale, economica e politica.Eclettico, appunto.In bocca al lupo Sebastian, non far spegnere dentro di te alcun fuoco di passione.Per la vita e per la scienza.___Vai alla Rubrica “Ricercatori senza frontiere”

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