Cerca
Close this search box.

IIT in orbita

Intervista a Gianni Ciofani, coordinatore del Center for Materials Interfaces di IIT

Lo scorso nove novembre il vettore NG-18 ha attraccato alla Stazione Spaziale Internazionale e ha consegnato all’equipaggio, oltre a materiali di consumo, i campioni biologici dell’esperimento Prometeo messo a punto da Gianni Ciofani e dal suo gruppo di collaboratori: Giada Genchi, Alessio Carmignani, Melike Belenli. Si tratta di un esperimento di grande rilevanza scientifica che ancora una volta vede protagonista l’Istituto Italiano di Tecnologia con i suoi ricercatori.

Abbiamo raggiunto Gianni Ciofani di ritorno dagli USA per conoscere qualche particolare su questa missione.

Gianni, dov’era la tua base operativa negli USA?

Siamo stati ospiti dell’Eastern Virginia Medical School a Norfolk, qui abbiamo potuto utilizzare i loro laboratori per assemblare l’esperimento. Abbiamo ricreato il nostro laboratorio dell’IIT mettendo a punto le culture cellulari seminandole nei reattori che ci sono stati forniti da Kayser Italia, nostro storico partner industriale (Kayser Italia è una società di Livorno specializzata nella realizzazione di hardware per la progettazione produzione, collaudo e assistenza di sistemi per la ricerca aereospaziale, N.d.R.). Abbiamo quindi condotto delle attività d’integrazione che si sono concluse con l’assemblaggio dei bioreattori. Si tratta di una procedura che ci occupa per circa 20 ore consecutive e quindi abbiamo lavorato per tutta la notte per poter consegnare nei tempi i bioreattori alle autorità preposte all’organizzazione del volo.

Con i materiali utili a sviluppare l’esperimento ci siano recati alla base spaziale NASA di Wallops Island qui ci attendeva un vettore, l’NG-18, un modulo di trasporto che spinto da un razzo giunge fino alla stazione spaziale con il suo carico. È un cargo che periodicamente raggiunge la stazione spaziale trasportando merci di vario genere ma anche esperimenti come il nostro Prometeo.

Ci parli del tuo esperimento?

Noi vogliamo testare gli effetti della microgravità e delle radiazioni cosmiche su cellule del sistema nervoso e in particolare ci soffermiamo sull’osservazione della produzione dei radicali liberi e dello stress ossidativo che provoca considerevoli danni agli astronauti e che è anche alla base di numerose patologie neurodegenerative terrestri. Inoltre, valuteremo la contromisura che può essere fornita da alcuni nanomateriali intelligenti che sviluppiamo nel nostro laboratorio. Si tratta di nano particelle di polidopamina con uno spiccato potere antiossidante che permette loro di tenere sotto controllo i radicali liberi. L’obiettivo è comprendere se queste nanoparticelle sono in grado di contrastare gli effetti negativi della microgravità e delle radiazioni cosmiche.

Nella stazione spaziale chi seguirà materialmente l’esperimento?

Se ne occupa un astronauta americano Joseph Aaron “Josh” Cassada che ha inserito nell’incubatore KubiK di ESA le unitàsperimentali contenenti i campioni biologici e i reagenti necessari. I campioni resteranno nell’incubatore per quattro giorni e poi saranno inseriti nel MELFI un frigorifero che manterrà la loro temperatura a -90 gradi conservandoli prima del rientro a terra

Originariamente questo esperimento nello spazio doveva essere eseguito da Cristoforetti?

Sì, proprio così ma vi sono stati diversi ritardi dovuti a molteplici cause, ed in particolare al conflitto russo-ucraino, dal momento che alcune componenti del vettore vengono prodotte in questi paesi. Tutto ciò ha fatto perdere dei mesi di tempo e nel frattempo la missione di Cristoferetti si è conclusa.

Quali sono le possibili applicazioni degli esiti di questo test?

Possono essere duplici. La prima riguarda la medicina aereospaziale che può mettere a punto dei farmaci per gli astronauti del futuro che dovranno rimanere a lungo nello spazio e quindi contrastare i radicali liberi attraverso l’assunzione di queste nanoparticelle.

Per la medicina di noi terrestri queste nanoparticelle potrebbero rivelarsi utili per la cura delle malattie neurodegenerative.

Hai già riscontrato interesse per gli esiti di questo lavoro?

Sì, e aver fatto parte degli esperimenti scelti per inviare alla ISS è la risposta più concreta. Mi piace sottolineare anche che mentre ero negli USA sono stato invitato dall’Eastern Virginia Medical School a tenere una lezione sui temi dell’esperimento. Il mio intervento ha suscitato grande interesse tanto che abbiamo già impostato un rapporto di collaborazione con due medici di questa università. Stiamo già firmando un MTA (Material Transfer Agreement N.d.R.) per lo studio dei nostri campioni che verranno confrontati con i loro modelli.

Condividi