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Intervista a Olivier Dessibourg: «Per un giornalismo scientifico di qualità»

Capo del comitato organizzatore della WCSJ19 dove si parlerà delle nuove redazioni 4.0

Olivier Dessibourg è il Presidente dell’associazione svizzera SASJ (Swiss Association of Science Journalism) e a capo del Comitato organizzatore dell’undicesima edizione della World Conference of Science Journalists (WCSJ), che si terrà a Losanna il prossimo luglio. Dessibourg ha diretto per 12 anni le pagine di scienza del quotidiano Le Temps, ed è cofondatore del sito d’informazione (Heidi.news) che debutterà la prossima primavera a Ginevra.

Perché oggi è importante una conferenza come la WCSJ?

Ogni due anni la conferenza riunisce la comunità mondiale dei giornalisti scientifici, con l’obiettivo di discutere gli indirizzi per la professione e le nuove sfide determinate dai cambiamenti del panorama mediatico, ma anche per ascoltare i colleghi più affermati, imparare nuove tecniche di reportage e, soprattutto, per costruire  una rete.

Oggi è più importante che mai incontrarsi per affrontare la crisi che il giornalismo sta vivendo e da cui il giornalismo scientifico non è escluso. Nonostante tutto ciò, potere contare su reportage scientifici corretti  e indipendenti è di notevole utilità, poiché i progressi scientifici e tecnologici sono, insieme ad altri elementi, alla base del nostro futuro sulla Terra: i media devono, quindi, essere capaci di narrare con qualità su questi temi. In questo senso, le conferenze come WCSJ, che vengono riproposte in tutto il mondo contribuiscono, grazie alla partecipazione di centinaia di giornalisti provenienti da tutto il pianeta, al miglioramento della qualità del giornalismo.

In Europa esistono molte associazioni dedicate al giornalismo scientifico. Qual è il loro ruolo?

Il loro ruolo è esattamente questo: promuovere un giornalismo scientifico che sia di qualità, indipendente e forte, in ciascuno dei rispettivi paesi, per i media nazionali e locali. Anzi, penso che la presenza di notizie di scienza sulle pubblicazioni locali siano di importanza cruciale, poiché  questi media di fatto raggiungono pubblici che non sono gli stessi dei giornali nazionali. E proprio per questo, credo, inoltre, che il ruolo delle Associazioni di giornalismo scientifico sia di accettare tra i propri membri non solo i giornalisti specializzati in argomenti scientifici ma anche professionisti che si trovano a dovere scrivere di scienza, tecnologia, salute e ambiente, quando questi diventano temi rilevanti anche per articoli o corrispondenze d’attualità. Tutti i giornalisti dovrebbero avere a disposizione gli stessi strumenti per potere scrivere di scienza: conoscere le basi della peer-review, oppure sapere come interpretare dati statistici.

Quali saranno i principali temi che affronterete durante la conferenza?

La WCSJ2019 riguarderà principalmente le grandi sfide che la nostra professione sta affrontando in questo periodo: il ruolo dei giornalisti scientifici nei media e nel mondo accademico, la crisi del modello stesso dei media e del loro finanziamento, l’etica del giornalismo scientifico, l’uguaglianza di genere nelle redazioni e nelle citazioni all’interno degli articoli, le difficoltà a fare il nostro lavoro in paesi con determinati regimi politici. Ma questo evento darà anche ampio spazio a sessioni più concrete, dedicate per esempio alla realtà aumentata e a quella virtuale, al podcasting, agli strumenti di visualizzazione della scienza, alla lettura di dati statistici. Infine, saranno affrontati temi di scienza oggi molto caldi, come i recenti “CRISPR-babies” cinesi, osservandoli attraverso la lente d’ingrandimento del reportage giornalistico.

Quale dovrebbe essere il tema più importante per il giornalismo scientifico da discutere a livello internazionale?

Attualmente, proprio a causa della crisi nel mondo dei media  e delle battaglie che i liberi professionisti devono affrontare per guadagnarsi da vivere, è diventata sempre più confusa la linea tra il giornalismo scientifico e la comunicazione scientifica. Ma, ovunque sul pianeta e nell’ambito delle politiche sulla scienza, il lavoro dei giornalisti scientifici indipendenti resta un prerequisito necessario per fornire informazioni che permettano interventi della politica che poi influenzano scelte  sociali e ambientali.  Voglio evitare fraintendimenti: anche comunicare e divulgare la scienza nelle scuole, nei musei, eccetera è importante. Ma una cosa sono i “cheerleaders” e un’altra i “watchdogs”. L’attività di un giornalismo scientifico di qualità e indipendente, il cui obiettivo è unicamente quello di informare il pubblico,  con un atteggiamento  critico costruttivo nei confronti della scienza è ancora il  più forte e severo antidoto verso i “maghi” della scienza. Ecco perché la nostra attività formativa  deve essere preservata e incoraggiata in modo assoluto.

Photo credit: ©Lea Kloos

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