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Quattro punti per una ricerca comune

Il Conservatorio di Genova e IIT inaugurano a partire da quest’anno, una serie di collaborazioni didattiche e scientifiche

Nei prossimi anni la classe di musica elettronica sarà al centro di diversi progetti che coinvolgono l’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) e il Conservatorio di Genova. La tecnologia, la creatività e la ricerca costituiscono i veri e propri punti di contatto tra queste due istituzioni oltre che, in maniera più generale, il rapporto tra le scienze – intese nel senso della ricerca informatica, fisica e neuroscientifica, per esempio – e le musiche contemporanee. La musica elettronica nacque proprio in questo modo, ancorandosi all’innovazione tecnologico-scientifica e alla pratica compositiva. In tutto ciò, quindi, niente di nuovo se due istituzioni di ricerca e d’arte collaborano. Come agli albori della musica elettronica, i progetti che uniscono IIT e Conservatorio permetteranno ai ricercatori e ai compositori di collaborare associando dispositivi all’avanguardia ed un certo sapere artistico di cui il musicista è depositario. Come ai tempi dei primi studi di produzione radiofonica, nei quali il rapporto con il sapere scientifico permetteva di sviluppare delle teorie compositive adeguate ai nuovi strumenti – tramite delle œuvres d’essai, diceva Pierre Schaeffer, delle “esperienze per vedere” e per sentire – i musicisti di oggi utilizzano le nuove tecnologie per dare senso alle nuove strumentazioni e sonorità. Questo contatto tra musica e scienza crea uno spazio di “ricerca musicale” all’interno del quale si è sempre all’inizio dell’esplorazione. Tuttavia, nonostante questi elementi comuni, diversi aspetti nuovi emergono. Tenterò di indicarne qualcuno. Nel secolo di storia della musica elettronica, la scienza, la tecnica e l’arte si sono fatte sempre più specialistiche e complesse. In questo contesto, il rapporto tra arte e scienza si è evidentemente evoluto. Da una parte, gli artisti sono formati ai concetti delle scienze e dell’informatica – cosa che comincia a partire dagli anni ’80 del secolo scorso su grande scala: nelle accademie e nei conservatori esistono dei corsi per imparare i rudimenti di certe materie scientifiche e tecniche. Quest’evoluzione spinge gli artisti e gli insegnanti, sull’esempio delle sperimentazioni nordamericane, a definire l’ambito della “ricerca artistica” sul modello delle scienze umane. Dall’altra parte, la scienza occupa sempre più lo spazio pubblico: definisce la nostra realtà, scolpendola con le sue scoperte, innovazioni ma anche informazioni. Dalla scienza ci aspettiamo visioni, nozioni e concetti guida. In questo secondo senso, la trasmissione e la divulgazione dei risultati della ricerca scientifica riveste un ruolo primario in una società che si vorrebbe aperta. Tramite la presenza della scienza nello spazio pubblico le istituzioni rappresentano l’importanza della loro esistenza, sottolineando ulteriormente l’applicabilità, l’utilità e la modernità delle loro scoperte. Proprio su questo piano il rapporto tra scienza e arte trova un punto di contatto in qualche modo nuovo: l’arte media la conoscenza mobilizzando competenze e sensibilità specifiche. Tuttavia, questa mediazione è tutt’altro che semplice. Ora, la collaborazione tra Conservatorio di Genova e IIT dovrebbe fondarsi sulla consapevolezza di questo contesto: scienziati sempre più sollecitati dal punto di vista della sperimentazione di metodi nuovi e dalla disseminazione dei loro risultati; artisti sempre più spinti a definire proposte nuove, che rispecchiano la complessità della società attuale inventando forme capaci di esprimerne i concetti, le domande e le paure. Proprio la posizione centrale che la scienza occupa nella società odierna ne fa un terreno di riflessione fondamentale per l’artista contemporaneo. Quattro aspetti, che elencherò qui di seguito, caratterizzano a mio avviso questo contesto nuovo: l’arte realizza “metafore epistemologiche” (i), utilizza le tecnologie e tali concetti per crearle (ii), richiede responsabilità e consapevolezza (iii), è insegnata in istituzioni simili a quelle nelle quali gli scienziati si formano (iv). Questi punti indicano tante convergenze possibili. Cercherò di indicarne qualcuna e inserire in questa prospettiva la collaborazione tra Conservatorio e IIT. (i) “Metafore epistemologiche”L’arte crea immagini, storie, suoni, simboli che parlano ad un pubblico e che possono servire allo scienziato per vedere il suo oggetto di studio da un punto di vista radicalmente altro. È il caso di uno dei progetti in corso, che associa la tecnologia SiNaps sviluppata all’IIT alla composizione tramite lo sviluppo di una sonificazione di dati sperimentali. Da una parte, questo lavoro permetterà al ricercatore di svolgere degli esperimenti tramite l’ascolto e dall’altra di scrivere delle nuove opere musicali. In questo progetto l’arte è mediatrice, crea immagini sonore, si fa strumento d’analisi ma anche “metafora epistemologica” come sosteneva Umberto Eco, un vero e proprio “atto mimetico” che trasforma simbolicamente il contenuto dell’esperienza scientifica tramite un’immagine sonora. (ii) L’atto della creazioneQuesto “atto mimetico”, concetto che il filosofo Paul Ricœur utilizzava per indicare il rapporto tra l’esperienza e la sua rielaborazione tramite un intrigo – cioè la composizione di eventi nel tempo – caratterizza l’atto creativo del musicista. In sede creativa l’artista utilizza gli strumenti della scienza in maniera totalmente libera. Di fatto, il compositore rielabora in maniera completamente personale, in funzione del suo progetto artistico, quelle nozioni; le passa tramite il filtro della sua esperienza, sensibilità, del suo controllo tecnico e realizzativo; le singolarizza e contemporaneamente le proietta nello spazio pubblico. In questa forma di proiezione, spesso di natura contraddittoria a causa della complessità della ricezione dell’opera, l’artista può fare apparire degli aspetti totalmente inattesi, sul piano tecnologico e simbolico, degli strumenti e dei concetti utilizzati nelle scienze contemporanee. Questi oggetti d’arte sono estremamente importanti, perché danno senso, spessore e contesto a certi concetti che provengono dalla scienza o dal pensiero contemporaneo. Penso, per esempio, alle opere di Jeremy Shaw, che si ispira alle neuroscienze e alle bionanotecnologie. (iii) ResponsabilitàLa collaborazione tra l’artista e lo scienziato deve svilupparsi in maniera responsabile. In questo senso l’arte può svolgere un ruolo di supporto in quanto strumento di disseminazione, ma non soltanto. Il rapporto tra l’artista e lo scienziato deve quindi essere costruito. Si tratta di fare convergere la ricerca artistica, nozione che sempre più caratterizza il lavoro degli artisti contemporanei – siano essi dedicati alla creazione di opere nuove o all’interpretazione di quelle più antiche – e quella scientifica. La ricerca in arte, intesa come il lavoro fatto dagli artisti per definire in maniera rigorosa il loro contributo singolare rispetto alla loro comunità, può essere messa in relazione a quella scientifica tramite il riconoscimento delle reciproche peculiarità. Questa relazione permetterebbe di creare delle opere che rispettano la complessità della scienza senza essere unicamente strumento di comunicazione, ma piuttosto di esperienze nuove. Mettere in risonanza due pratiche del sapere, due comunità che posseggono delle conoscenze diverse ma complementari, al fine di esprimere la scienza tramite l’arte e viceversa, dovrebbe essere uno degli obiettivi della collaborazione tra Conservatorio e IIT. (iv) Convergenza istituzionaleDopo le riforme dei sistemi di educazione superiori che si sono fatte in Europa negli ultimi vent’anni, arte e scienza hanno le stesse strutture istituzionali: le università. Un compositore, un sociologo, un artista e un fisico, per esempio, compiono un percorso diviso in tre tappe: una laurea triennale, una magistrale e in seguito un dottorato. Ora, in Italia, se per la triennale e la magistrale i Conservatori sono ormai attrezzati, per il dottorato invece non lo sono. Il problema, oltre che istituzionale, è anche concettuale: non si è ancora chiarito in che cosa consista un dottorato in musica. Bene. I progetti tra Conservatorio e IIT permetteranno di capirlo meglio. Un dottorato in arte consentirebbe di sviluppare il progetto di ricerca del musicista per permettergli di inserirsi nel mondo dell’arte di oggi tramite l’elaborazione della sua singolarità: questo è il senso della ricerca artistica. Il mondo dell’arte contemporanea richiede dagli artisti – di tutti i tipi, per es. compositori, interpreti, direttori – di definire una loro posizione, di approfondirla, comunicarla, disseminarla, esattamente come un ricercatore universitario. Le richieste del pubblico di oggi sono estremamente esigenti e richiedono artisti formati a formulare il loro punto di vista in maniera chiara, tramite delle opere, delle idee, dei testi. Perché uno studente in arte arrivi a questo livello può servire un percorso dottorale. Per questa ulteriore ragione, il rapporto con la scienza di oggi è fondamentale. La collaborazione con l’IIT è quindi ancora più importante: questa convergenza integrerebbe la formazione degli artisti di domani tramite l’esperienza di un’istituzione che ha, tra i suoi obiettivi, quello di definire nuovi orizzonti di ricerca. Allo stesso modo, un artista dovrebbe potere cogliere tali nuovi orizzonti. I progetti che stanno nascendo con l’IIT ci permetteranno di dare sostanza a questi e ad altri sviluppi consentendo al Conservatorio di essere un protagonista della cultura contemporanea.


*Docente di Composizione musicale elettroacustica del Conservatorio “N. Paganini” di Genova

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