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Book Review: The Technology Trap

Recensione al saggio di Carl Benedikt Frey

Accolto con lusinghieri apprezzamenti dalla critica, il nuovo saggio di Carl Benedikt Frey “The Technology Trap: Capital, Labor, and Power in the Age of Automation” è probabilmente il più completo resoconto storico, oggi disponibile, sull’impatto economico e sociale dell’automazione.L’autore dirige l’Oxford Martin Programme on Technology and Employment alla Oxford Martin School presso l’Università di Oxford e, insieme a Michael Osborne, ha pubblicato nel 2013 lo studio “The Future of Employment: How susceptible are jobs to computerisation?”, ottenendo ampia risonanza in tutto il mondo e citazioni in oltre quattromila articoli accademici. La ricerca ebbe il merito indubbio di offrire una valutazione dell’impatto della nuova rivoluzione industriale sull’occupazione, stimando come il 47% dei posti di lavoro negli Stati Uniti fosse da considerarsi ad alto rischio di automazione.A distanza di sei anni da quella pubblicazione, l’economista svedese propone oggi ai lettori un nuovo approfondimento del tema, adottando una visione di respiro storico più ampio e suggerendo una prospettiva del progresso tecnologico maggiormente incentrata sull’uomo.La struttura del libro si articola in cinque parti, rispettivamente: The Great Stagnation; The Great Divergence; The Great Leveling; The Great Reversal; The Future. La suddivisione del testo suggerisce un percorso storico che partendo dalle prime tecnologie preindustriali conduce alla prima rivoluzione industriale, interpretata come un’epoca di allargamento della disuguaglianza, per giungere poi allo stadio della produzione di massa, fase storica che vede la riduzione delle disuguaglianze e la nascita di una prima classe media benestante, fino all’automazione intelligente odierna, dove si intravede una polarizzazione sociale crescente. La parte conclusiva del saggio è dedicata invece al tema del futuro, con un approfondimento sulle possibili soluzioni per prevenire o mitigare gli effetti negativi dell’automazione sull’occupazione.La tesi principale dell’autore ruota attorno alla diversificazione temporale degli esiti dell’innovazione. Se l’innovazione di fatto ha sempre generato benefici diffusi all’intera società nel lungo periodo, nel breve i suoi vantaggi risultano distribuiti molto spesso in modo disuguale, creando veri e propri sconvolgimenti economici, con conseguenze sociali e politiche cariche di rischi e di pericoli.A giudizio di Frey, il mondo occidentale ha visto succedersi tre grandi rivoluzioni industriali, ciascuna animata dall’impatto di nuove tecnologie. La prima, verso alla fine del XVIII secolo, guidata dal motore a vapore e dalla ferrovia; la seconda, nella prima parte del ventesimo secolo, sostenuta dall’elettricità e dal motore a combustione; l’attuale, avviata negli anni sessanta dello scorso secolo, che ha visto l’emergere delle tecnologie informatiche e, più recentemente, dell’intelligenza artificiale.Ogni rivoluzione industriale ha avuto esiti diversi sull’occupazione e sulla disuguaglianza, in relazione alla tipologia delle tecnologie introdotte. In tal senso, l’autore distingue tra tecnologie che sostituiscono i lavoratori e tecnologie che invece abilitano e potenziano il lavoro umano; mentre le prime espellono il lavoratore meno qualificato o lo costringono ad accontentarsi di retribuzioni inferiori, le seconde affiancano l’operatore umano e ne aumentano la produttività, creando le condizioni per nuove assunzioni.A seconda del tipo di tecnologia, esiste un diverso rischio di mancanza di correlazione tra l’adozione di nuove tecnologie e la presenza di vantaggi sociali diffusi.In presenza di tecnologie che sostituiscono il lavoro umano, storicamente si è spesso verificato il fenomeno noto come la “pausa di Engels”, una dinamica economica e sociale che caratterizzò la rivoluzione industriale nei primi decenni dell’ottocento, quando, a fronte di un prodotto interno lordo pro capite in rapida crescita, si riscontrò il ristagno dei salari della classe operaia britannica. Fu quello un periodo della storia caratterizzato da una conflittualità sociale elevate e, in particolare, dalla rivolta luddista contro le macchine; un’epoca dove le tecnologie sostituirono lavoratori specializzati con macchine gestibili da operatori sempre meno qualificati, spesso dei bambini.Viceversa, di fronte a tecnologie abilitanti che migliorano la produttività del lavoratore senza sostituirlo, come si verificò perlopiù nella seconda rivoluzione industriale, i benefici possono venire distribuiti più uniformemente tra i lavoratori, favorendo la crescita della classe media e la riduzione delle disparità di ricchezza. Ma, come ci ricorda Frey, questi periodi sono più l’eccezione storica che la regola.Nella storia, infatti, la resistenza all’automazione è un evento comune. E’ opinione dell’autore che, senza questa inerzia la cambiamento, numerose innovazioni chiave della rivoluzione industriale si sarebbero potute sviluppare prima, poiché molte delle invenzioni ideate durante il Rinascimento furono attivamente impedite dall’influenza delle corporazioni dei mestieri. Anche l’alleanza tra il potere politico e il progresso tecnologico non fu mai la regola storica. Nell’arco dei secoli il potere ha spesso resistito con vigore all’innovazione tecnologica per timore che la sua forza destabilizzante alterasse gli equilibri sociali.Secondo Frey, l’attuale rivoluzione industriale, soprattutto con l’avvento dell’intelligenza artificiale e della robotica, rievoca pericolosamente alcune dinamiche dei primi decenni della prima rivoluzione industriale, quando la ricchezza prodotta dall’automazione non riuscì a raggiungere la maggior parte della popolazione. Partendo da questa osservazione, Frey sviluppa il messaggio di fondo del saggio: nel lungo periodo l’innovazione tecnologica in atto potrà portare benefici diffusi, ma sarà cruciale nel breve periodo prevenire le disuguaglianze generate, perché, come la storia ci insegna, gli esiti dell’automazione sono sempre condizionati fortemente dalle aspettative e dalla percezione sociale.“The Technology Trap” offre al lettore una documentazione storica accurata e voluminosa, a cui si affiancano riferimenti alle ricerche più recenti. Si tratta di una ricca mole di dati, statistiche, esempi storici che consente al lettore di valutare puntualmente le tesi esposte e di trarre in autonomia proprie considerazioni in modo documentato.Meno approfondita e dettagliata appare invece la parte conclusiva dl saggio dedicata alle soluzioni. Se Frey solleva ottime domande, non sembra però offrire risposte altrettanto convincenti. Scettico verso l’ipotesi di un reddito di base universale, l’autore insiste su soluzioni di riqualificazione professionale e, più in generale, su politiche orientate all’apprendimento permanente. Più originali appaiono certamente le proposte volte a incoraggiare i trasferimenti e la mobilità, tra cui anche l’ipotesi di una riforma del mercato delle abitazioni. Tra le soluzioni più innovative, Frey propone l’adozione un’assicurazione salariale per compensare le persone nel momento in cui siano costrette a svolgere lavori a basso reddito.La tesi conclusiva dell’autore è che le dinamiche di sostituzione del lavoro attraverso l’automazione non siano una novità. Fenomeni simili si sono già verificati in passato e, nonostante resistenze e conflitti sociali, nel lungo periodo hanno comunque prodotto nuova prosperità. Questo insegnamento della storia può ritornare utile per affrontare in modo più consapevole il presente. Indipendentemente dai benefici futuri dell’automazione, è bene non sottovalutare l’insoddisfazione crescente nel mondo del lavoro, perchè l’atteggiamento sociale nei confronti dell’innovazione può svolgere un ruolo cruciale, facilitando od ostacolando il cambiamento. Se l’automazione, nel breve periodo, creerà valore ma insufficienti posti di lavoro, la sfida da affrontare, in prima battuta, sarà di tipo distributivo. L’adozione delle nuove tecnologie richiederà inoltre un migliore bilanciamento tra le strategie a breve e a lungo termine, perseguendo un modello di progresso che sia, in tutte le sue fasi, accettabile e sostenibile per tutti. In questa visione di ampio respiro consiste il merito indubbio di “Technology Trap”: uno sguardo alla storia per imparare come affrontare il futuro.___SCHEDA DEL LIBROTitolo: The Technology Trap: Capital, Labor, and Power in the Age of AutomationAutore: Carl Benedikt FreyCategoria: SaggisticaCasa editrice: Princeton University PressAnno di pubblicazione: 2019

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